Lirica
FALSTAFF

Bologna, teatro Comunale, “Fa…

Bologna, teatro Comunale, “Fa…
Bologna, teatro Comunale, “Falstaff” di Giuseppe Verdi FALSTAFF E LE COMARI VITTORIANE Falstaff, composta tra il 1890 e il 1893 dopo un'attenta collaborazione tra Verdi e Arrigo Boito sul testo shakespeariano, è l'ultima opera del compositore e forse lui stesso “sentiva” che sarebbe stata l'ultima. Infatti risolve in chiave ironica la lettura pessimistica del mondo con cui aveva fino ad allora permeato il suo teatro musicale. I personaggi, più che delineati a tutto tondo, sono soprattutto tessere di un puzzle che via via si compone nel gioco drammatico; tra di loro si differenziano appena quel tanto che basta a renderli riconoscibili, senza imporsi come individualità: a Verdi non importa il rappresentare un aspetto particolare dell'animo umano quanto il loro presentarsi insieme, come parti di un gruppo. L'allestimento del Comunale di Bologna, andato in scena nel 2001 e oggi ripreso (aprirà poi la stagione al Regio di Torino, scelta poco condivisibile per la inaugurazione, poichè trattasi di un vecchio allestimento, di un altro teatro e appena ripreso) è un mirabile esempio di eleganza formale e di armonia scenica, ma perde quella velata, sorridente malinconia che è sottesa alla partitura. Pizzi è un mago nelle scene e nei costumi e qui non si smentisce: l'ambientazione è tardo vittoriana, raffinatissima negli effetti di luce e colore che ricordano i quadri di Vermeer, soprattutto negli interni della Giarrettiera e di casa Ford, due strutture che si aprono e si chiudono, ruotano avanti e indietro. Il tutto raccordato dal caldo e rassicurante colore del laterizio, chiazzato di autunnali rampicanti; i mattoni dominano le scene e rendono omogeneo lo sguardo. Come sempre, massima è la cura nei dettagli, sia di scene che di costumi. Tuttavia la trasposizione temporale non convince fino in fondo, l'epoca vittoriana poco si presta al gioco di scambi e travestimenti delle allegre comari, tipico invece delle età rinascimentale e barocca. I movimenti sono semplici ma azzeccati, notevole è la capacità di sistemare gli attori in immagini plastiche e di estrema eleganza ed armonia, anche se la mano registica toglie la consueta patina ridanciana e forse greve della recitazione. Splendido il finale, gli addetti che raccolgono da terra vestiti ed attrezzi smessi a vista dai cantanti, i tecnici spingono a mano indietro le scene, nel sollevarsi delle quinte a rivelare il palcoscenico nudo, i coristi che saltellano e si abbracciano festosi, per poi chiamare in scena i cantanti, anche loro gioiosi e giocondi, in una passerella finale divertente e divertita, come la fine di una fortunata turnè. Contribuiscono in maniera determinante all'estrema bellezza e raffinatezza dell'allestimento le luci di Vincenzo Raponi, crepuscolari e calde, lunari e stregate, sempre con mille riflessi di raggi cangianti, inarrivabili negli interni che sembrano quadri di Vermeer. James Conlon guida l'Orchestra del Comunale con massima, azzeccata attenzione ai dettagli ed una sapiente misurazione dei tempi, un poco troppo larghi negli interventi del protagonista. Conlon mantiene comunque tempi serrati ma non frettolosi e distende in modo appropriato le note, così da esaltare un suono sorridente ma con malinconia, distaccato eppure sereno, capace di creare un perfetto equilibrio tra voci e buca. Conlon, forse in linea con questa lettura registica, è un poco troppo serioso, ma si vede e si sente che la sua mano è esperta. Ruggero Raimondi è cantante “storico” e di indubbia esperienza, al suo Falstaff bastano un gesto del capo o un certo modo di voltarsi per esprimere al meglio il personaggio, pieno di sé e non grottesco nell'intenzione registica. Scende nell'osteria dalla camera mediante un originale montacarichi e si pavoneggia, tronfio dell'inevitabile pancione. La voce mostra un certo affaticamento, appare velata, appannata, seppure potente soprattutto nel registro centrale. Anche i tempi spesso sono dilatati, allargati. Invece gli acuti sono forzati, ma l'esperienza scenica la fa da padrona, con risultati di grande capacità attoriale. Ottima la compagnia di canto, a partire dallo splendido Carlos Àlvarez, un Ford nella miglior forma vocale possibile, e continuando con Saimir Pirgu (giovane e innamorato Fenton), Patricia Racette (esperta e decisa Alice), Cinzia Forte (tenera ma non acerba Nannetta), Elisabetta Fiorillo (sontuosa, contraltile Quickly), Sara Allegretta (appropriata ed equilibrata Meg). Con loro la buona prestazione di Gregory Bonfatti, Luca Casalin e Miguel Angel Zapater, rispettivamente Cajus (nero e con bombetta come l'omino di Magritte), Bardolfo (con nasone a punta rossiccio, che “arde con zelo”) e Pistola e del coro del Comunale preparato da Paolo Vero. FRANCESCO RAPACCIONI Visto a Bologna, teatro Comunale, il 24 giugno 2007
Visto il
al Comunale - Sala Bibiena di Bologna (BO)