Lirica
FALSTAFF

Il ''Falstaff'' di Ronconi al San Carlo di Napoli

Il ''Falstaff'' di Ronconi al San Carlo di Napoli

Già applaudito a Bari nel 2013 e a Firenze nel 2014, l’allestimento del Falstaff verdiano attualmente proposto dal San Carlo di Napoli rappresenta uno degli ultimi cimenti operistici di Luca Ronconi, scomparso da poco più di un anno. Ripresa in questa occasione da Marina Bianchi, la messinscena è essenziale, quasi scarna. Le scene di Tiziano Santi si compongono di pochi elementi: all’inizio, lo spazio della rappresentazione è delimitato con ampi teli rettangolari tesi e sospesi da robuste corde; nella seconda parte del secondo atto, il tessuto assume forme più morbide e somiglia a un enorme lenzuolo pronto ad avvolgere le improbabili effusioni tra il protagonista e Alice Ford; nell’ultima mutazione domina invece un’enorme struttura ramificata, evocazione onirica più che rappresentazione realistica della quercia di Herne, che non si sa se considerare chioma d’albero rovesciata o radice sospesa.

In questi luoghi indefiniti e rarefatti circolano vasche da bagno, velocipedi, locomotive, argani, pulpiti e carrelli, veicoli scarnificati e bizzarri su cui i personaggi si spostano ora assiepati, ora svettanti, vestiti (da Maurizio Millenotti) secondo i dettami della moda tardo-ottocentesca. Grazie agli apporti meccanici, i movimenti assumono una precisione geometrica e mettono in evidenza le alleanze e i conflitti. Così accade, in particolare, nel primo atto, nel quale le garrule macchinazioni del quartetto femminile si contrappongono ai progetti beffardi borbottati dagli uomini. Di grande intelligenza e di bell’effetto è l’idea di far sedere tutti gli interpreti sul limitare del proscenio per l’esecuzione della straordinaria fuga conclusiva; lo spunto metateatrale aperto dall’ultima battuta di Falstaff («Un coro e terminiam la scena») diventa così l’occasione per squarciare visivamente la quarta parete e portare il pirotecnico intreccio delle voci verso la platea.

La pulizia delle linee ai limiti dell’astrazione e l’assenza di qualunque cedimento descrittivo e bozzettistico si sposano bene con il carattere dell’estremo capolavoro ispirato a Shakespeare. Nei vuoti capienti, le invenzioni ludolinguistiche di Boito sembrano risaltare con sbalzo più netto e, soprattutto, il pensiero musicale di Verdi si dipana con evidenza piena, modella il gesto e le posture, si materializza senza interferenze e senza distrazioni davanti allo spettatore.

Le scelte registiche di Ronconi trovano perfetto complemento e completamento nella bacchetta di Pinchas Steinberg, maestro israeliano formatosi negli Stati Uniti e attualmente direttore principale dell’orchestra sinfonica di Budapest. Nella sua interpretazione, una concentrazione costante ma mai fredda restituisce con efficacia il vitalismo dal retrogusto amaro che percorre l’intera partitura verdiana. L’orchestra del San Carlo sfodera un bel suono e una vasta gamma di spessori ben calibrati e di impasti appropriati. Anche il coro fa la sua parte con diligenza.

I panni di Sir John Falstaff calzano a pennello a Roberto de Candia, che si muove con scioltezza e canta con voce piena e varietà di inflessioni espressive. Tra le quattro interpreti femminili spicca Rosa Feola nel ruolo di Nannetta; il soprano casertano disimpegna con sicurezza la propria parte e, in particolare, come regina delle fate sfoggia accenti cristallini, acuti aerei e perfetto controllo dell’emissione. Brava, ma con qualche punta di secchezza, risulta Ainhoa Arteta nel ruolo di Alice Ford. Spiritosissima è la Mrs Quickly di Enkelejda Shkoza, precisa la Meg Page di Marina Comparato. Sul versante maschile, Fabian Veloz (Ford) si fa apprezzare nel canto ma risulta lievemente impacciato nella recitazione. Piace molto il timbro di Antonio Poli (Fenton), che convince sia quando canta da solo, sia quando dialoga con la Feola all’insegna di una complice intesa e di un perfetto equilibrio sonoro. Cristiano Olivieri dà rilievo al personaggio di Cajus, mentre Bruno Lazzaretti e Gabriele Sagona trovano i giusti toni farseschi per delineare le figure di Bardolfo e Pistola.

Visto il 15-03-2016
al San Carlo di Napoli (NA)