Lirica
FALSTAFF

Torino, teatro Regio, “ Falst…

Torino, teatro Regio, “ Falst…
Torino, teatro Regio, “ Falstaff ” di Giuseppe Verdi LA COMMEDIA DEL SORRISO Con Falstaff Verdi porta alle estreme conseguenze il linguaggio musicale maturato negli ultimi anni, una scrittura vocale mutevole senza netti confini che nasce quasi dal parlato, applicandolo però a una commedia anziché a un‘opera seria, operando un sostanziale rinnovamento di un genere che non aveva più avuto evoluzione, creando così nuove soluzioni del comico in musica. La melodia di Falstaff è un intarsio di piccoli motivi, quasi aforismi, in un continuo fluire, micro-arie che creano momenti di inattesa cantabilità in un libero declamato melodico che l’orchestra sottolinea con infinite sfumature. Il Falstaff nell’allestimento di Pierluigi Pizzi presentato qualche mese fa a Bologna (e già recensito da Francesco Rapaccioni nel sito) è andato ora in scena a Torino in apertura di stagione. Pizzi ambienta la commedia in un sobborgo inglese dalle case a mattoni rossi e piccoli giardini, architetture edoardiane con reminiscenze Tudor che collocano la commedia in un ambiente borghese del XIX secolo coevo alla scrittura dell’opera. L’allestimento è di rara bellezza e l’occhio non si stanca di osservarne i dettagli, come un bambino ipnotizzato da una preziosa casa di bambola che riproduce alla perfezione la realtà e talvolta la supera. La locanda e la casa di Alice si aprono come uno scrigno; incantano i colori, gli arredi, i velluti, le finestre dai vetri di antica fattura del colore di un plumbeo cielo del nord. La regia sottolinea con un uso sapiente delle luci il fluire di una giornata e della nostra vita. Un pomeriggio brumoso illuminato da un pallido sole cede il passo a un crepuscolo quasi notturno che tinge di colori autunnali la chioma degli alberi e che amplifica con grande sensibilità il momento meditabondo della percezione dello sfacelo sociale e personale. O la notte nera e profonda con una luna che regala al bosco riflessi azzurrini e incantati. Sembra vera la quercia di Herne, con una chioma che immaginiamo poter ondeggiare al vento di una brughiera con le sue foglie verdi di smalto, un colore da favola per una commedia in cui fiaba e sorriso prevalgono sulla malinconia. Parola e dizione, al di là degli attributi vocali, hanno un peso determinante nella riuscita dell’opera, ma per fare un “buon Falstaff” non basta il grande nome, ci vogliono cantanti-attori affiatati, dotati di ritmi teatrali e capaci di calarsi con gioia in un gioco collettivo, intersecandosi e completandosi l’uno con l’altro. Tutto questo è avvenuto a Torino in una mirabile continuità di musica e azione. “Un’estate di San Martino” per Falstaff - Ruggero Raimondi, non importa se qua e là si avverte qualche imperfezione dovuta agli anni, la parte gli calza a pennello e il cantante tratteggia un personaggio estremamente naturale di cui rende con gesti, parola, fraseggio tutto il potenziale espressivo. Divertente e istrionico, ma non sopra le righe, più disincantato che malinconico, è l’uomo che non vuole abbandonare la scena e si illude di poterlo fare ancora un poco, e la massima finale “tutto nel mondo è burla“ sembra che ce l’abbia fin dall’inizio fra le labbra, ma che aspetti – da consumato uomo di teatro - solo il finale per dirla. Barbara Frittoli conduce talmente bene il gioco da rubare quasi la scena a Raimondi, un’ Alice sorprendente non solo per musicalità e purezza vocale, ma anche per come riesce a suggerire tutte le sfumature e debolezze femminili (invidia, civetteria, arguzia, istinto materno) nel lampo di un gesto e di uno sguardo. Natale de Carolis, Ford, canta bene e recita ancora meglio, la voce non è molto estesa, ma è duttile ed espressiva e contribuisce alla riuscita del simpatico personaggio, il borghese presuntuoso e geloso, giustamente gabbato. Francesco Meli è un Fenton ideale per voce e temperamento, una voce squillante e naturale che trasuda voglia di vivere, un canto a fior di labbro morbido e vellutato che evoca il piacere dell’amore. Anche Laura Giordano è una perfetta Nannetta, agile e bella, incarnazione della giovanile freschezza, dalla lunga treccia, gli occhi vivaci e una voce leggera leggera. Bella voce, scura e contraltile, per Elisabetta Fiorillo, una Quickly da antologia, la donna di mezz’età mai stata bella, disinvolta e accorta. Manuela Custer è la bella Meg, non spicca per personalità, ma completa correttamente il bel quartetto. Buoni anche i ruoli minori: Stefano Consolini è il Dottor Cajus, Luca Casilin Bardolfo e Federico Sacchi Pistola. Gianandrea Noseda, neodirettore musicale del Teatro Regio, imprime al suo Falstaff ritmo, vitalità, leggerezza e soprattutto una naturalezza che rende ancora più perfetto ogni dettaglio della strumentazione. Una lettura che mantiene una sua coesione anche nei continui mutamenti ritmici e melodici, nel cambio di prospettive e di atmosfere. E fa respirare l’orchestra coi cantanti: voci e strumenti, buca e palcoscenico si compenetrano in un unico continuo fluire. Bravo davvero. Uno spettacolo che scorre veloce, c’è tutto, ma niente di troppo. Non è questo che si chiede alla commedia? Il pubblico si alza in piedi e si avvicina al palcoscenico in un lunghissimo applauso e sembra che nessuno - cantanti compresi - abbia voglia di andare via. Non è questo che si chiede al teatro? Visto a Torino, Teatro Regio, il 21/10/07 Ilaria Bellini
Visto il
al Regio di Torino (TO)