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THE FESTIVAL

La vita ludica

La vita ludica

We try to look at the world and smile, so the performance, theatre and events we make look for signs of hope.  Lone Twin Theatre

Cerchiamo di guardare al mondo e sorridere, così la performance, il teatro e gli eventi che creiamo cercano dei segni di speranza.

 

La mia operazione è stata il più delle volte una sottrazione di peso; (...) soprattutto ho cercato di togliere peso alla struttura del racconto e al linguaggio.  
(Italo Calvino, Lezioni americane, La leggerezza p. 5 Garzanti, Milano, 1988)

Il lavoro dei Lone Twin teather, la compagnia britannica fondata nel 1997 da Gregg Whelan e Gary Winters, propone, con un approccio unico, performance urbane, progetti di strada e spettacoli, coi quali girano l’Europa, non da ultimo il  Festival Uovo di Milano e Le vie dei Festival.

Ultima parte della Trilogia della Catastrofe (dopo Hellis Bell e Daniel Hit By a Train) The Festival racconta dell'incontro di Jennifer, una single quarantaduenne,  con il cinquantaseienne Oliver, in occasione di un festival musicale, in una piccola località sulla costa. Un incontro breve segnato dalla promessa di incontrarsi nuovamente l'anno successivo. Una promessa piena di aspettative.
Su questa semplice traccia narrativa Antoine Fraval, Guy Dartnell, Molly Haslund, Nina Tecklenburg e Paul Gazzola costruiscono uno spettacolo teatrale che si basa sul gioco, sul canto e sul movimento fisico.
Il gioco è prima di tutto quello narrativo. Sulla scena che occupa la parte centrale del palco (gli spettatori vengono fatti accomodare su due file di sedie opposte ai lati lunghi della scena), tre tavoli e alcune sedie bastano a evocare i diversi ambienti in cui si svolge la storia, nella quale i quattro performer interpretano, di volta in volta, i vari personaggi, tranne Molly Haslund, io narrante principale, ma non unico, che è sempre e solamente Jennifer.
Una modalità narrativa descrittiva nella quale i vari  personaggi si concedono degli a parte, rivolgendosi direttamente al  pubblico, al quale spiegano la situazione del momento, chi sono, dove  sono  e cosa stanno per dire. Così lo stesso ambiente è di volta in  volta, l'ufficio e la casa di Jennifer, quella di sua madre e dei suoi  amici, il bar dove ha incontrato Oliver, il suo ufficio e casa, etc. 
Il racconto reiterato e le continue spiegazioni hanno una funzione narrativa poliedrica. Oltre a ribadire alcuni elementi della storia e confermarne quanto al pubblico potrebbe essere sfuggito - soprattutto a un pubblico non di madrelingua inglese che segue lo  spettacolo senza soprattitoli come è capitato agli spettatori del teatro India  (ma è stata distribuita una sinossi prima  della rappresentazione) la ripetizione dà ad alcune parti del testo quasi la forma della filastrocca, della cantilena,  legandosi non solo alle canzoni ma alla fisicità dirompente che vede i perfomer muoversi, danzare, saltellare sulla scena.
Così la madre settantenne di Jennifer - che fuma di nascosto nel suo giardino - viene interpretata da Nina Tecklenburg (in stato di grazia) mentre salta da destra verso sinistra e viceversa aspirando ogni volta rumorosamente mentre regge una pianta in mano (che diventerà un cappello durante il concerto degli U2) prima in silenzio  e poi disvelando, direttamente al pubblico, la sua funzione (salve, sono la madre di Jennifer vi starete chiedendo cosa sto facendo...).
Le canzoni invece introducono, come nel più squisito dei musical, alcuni momenti della storia (A Cup of Coffe and Peppermint Tea a inizio spettacolo), o cantano le news  ascoltate alla radio (le previsioni del tempo, la notizia di una balena  che ha raggiunto la baia della città) o, ancora, sono squisite rivisitazioni delle canzoni ascoltate ai  due concerti del Festival, il primo degli U2 e il secondo di Bruce  Springsteen. Canzoni eseguite a cappella dai performer, oppure su basi  musicali, senza alcuna amplificazione delle voci.

Così immerso in un'atmosfera di gioioso divertimento le glosse che i personaggi rivolgono direttamente agli spettatori costituiscono un modo ludico per eliminare la quarta parete, oltrepassata da un movimento fisico che diventa un comportamento, una parola, un elemento di scena, la parte per il tutto, mentre si racconta una storia niente affatto banale o superficiale (come potrebbe sembrare) ma, al contrario, profonda e comune lasciando allo spettatore di collegare le tessere del discorso fornite nello  spettacolo separatamente con una leggerezza narrativa che sarebbe piaciuta sicuramente a Calvino.

Gli attori sono precissimi nei movimenti che compiono così come nelle armonie che compongono quando cantano a cappella, restituendo le emozioni delle vicissitudini vissute dai personaggi che vanno a interpretare in maniera ludica, quasi infantile (nel senso positivo del termine) priva cioè di schemi e di razionalismi.
Quando Jennifer racconta di come ha trascorso l'anno che la separa dal secondo incontro con Oliver, e distingue dei momenti in cui ha pensato a lui da quelli in cui ha pensato a se stessa da quelli ancora in cui non ha fatto nessuna delle due cose,  lo spettacolo non ci mostra delle scene ma una pantomima di movimenti coreografati in sincrono con la musica lo stesso lunghissimo estenuante brano proprio così come lungo ed estenuante è l'anno di attesa.
Quando finalmente Jennifer e Oliver si incontrano ancora, mentre Oliver è pronto a unirsi a Jennifer lei lo ringrazia per averle dato occasione di riflettere sulla proria vita e gli dice di avere scoperto che le sta bene da sola, il suo lavoro, gli amici e sua madre. E mentre nella sua ultima scena la vediamo con la madre (mentre la radio parla della balena giunta nella baia e delle persone che vengono a vedere un evento così raro da tutto il mondo) Oliver parla col suo migliore amico della delusione di non aver trovato in Jennifer lo stesso desiderio che lui aveva per lei.
Una storia semplice e ricchissa di implicazioni, raccontata con la leggerezza dell'ottimismo del vivere (e del fare teatro) che si infonde spontaneamente  nello spettatore.
Un teatro diversamente civile anche se parla del privato, un privato visto però da un punto di vista sociale, di condivisione con gli altri, perchè dopo tutto vivere è relazionarsi agli altri.
Le vie deifestival non poteva concludersi in maniera migliore.

 

Visto il 16-10-2011
al India sala B di Roma (RM)