La leggerezza icastica della cultura Camp e l’irriverente determinazione della militanza consapevole e convinta, sono queste le cifre sostanziali di “Fiesta”, show fortunato ed intelligente di Biondi, Canino e Lanfredini che, offrendosi come commedia colorata e divertente, conduce lo spettatore a misurarsi coi suoi stessi pregiudizi, con l’inesauribile serbatoio di idiozie e luoghi comuni propri di una società, la nostra, da sempre soffocata dall’etica bigotta ed eterosessista di mariti sedicenti che in dark room diventano velate impenitenti e papa-boys che incontri a messa la mattina per poi stanarli, avvinghiati e discinti, nei notturni privè del Muccassassina.
Raffaella Carrà è il mito kitsch e un po’ pacchiano della cultura popolare gay intorno a cui si organizza l’intero progetto drammaturgico, d’altronde i simpatici protagonisti della messinscena dedicano alla showgirl del tuca-tuca perfino un’edicola con tanto di altarino, struttura che, squisitamente in linea con le manifestazioni tipiche del camp, enfatizza ed esaspera con sagace autoironia la dimensione socio-antropologica di un’immagine dietro cui si cela una sensibilità altrimenti difficilmente descrivibile, una sensibilità che, segnata ab origine da una condizione di precaria risolvibilità relazionale ed identitaria, gioca con la fenomenologia del divismo e con la sua stessa deliberata parodia.
Fabio Canino, Diego Longobardi, Sandro Stefanini, Giovanni Di Lonardo e Manuele Labate, interpreti brillanti e disinvolti, abili nel reggere ritmi sostenuti d’interlocuzione, sono coraggiosi protagonisti, dunque, di una pièce teatrale dalle considerevoli potenzialità espressive, soprattutto se si tiene debitamente conto che lo spettacolo va in scena in tempi che sono per le minoranze davvero tempi bui, tempi di diritti negati e continue recrudescenze omofobiche, tempi di utilizzatori finali e sinistri omicidi delle trans “utilizzate”, tempi in cui alla violenza razzista dell’agente Betulla (al secolo Renato Farina) la comunità LGBT deve opporre risposte visibili e concrete come “Fiesta”, operazione in grado di neutralizzare il minaccioso rigurgito di prepotenze e vessazioni attraverso la promozione di uno scherzosa ma ben calibrata rivendicazione del proprio contesto ideologico-culturale quale contesto alternativo a quello dominante ma parimenti degno di considerazione e parimenti integrato in un meccanismo di valori condivisi.
Visto il
04-02-2010
al
Troisi
di Napoli
(NA)