Danza
PER FIGURA SOLA

Valeria Buldrini aspetta già…

 Valeria Buldrini aspetta già…
Valeria Buldrini aspetta già in scena mentre il pubblico prende posto in sala. Inquieta, irrequieta, cerca pose plastiche, guarda gli astanti con una faccia seria. Veste un abito a fiori e sfoggia una fluente chioma bionda (una evidente parrucca. Le luci di platea si spengono lentamente e Valeria cerca di dare più forma alle sue pose plastiche. Poi, mentre un crepitio-scricchiolio permea la scena vuota, Valeria emerge, dal buio in cui è precipitata, illuminata da una tenuissima luce che la mostra sensibilmente cambiata. Appare ora calva, nuda, con i seni da bambola (privi di capezzoli) grazie a intelligenti (per il momento invisibili) inserti di stoffa che le modificano il corpo magrissimo. La luce tenue, quasi impercettibile, le dà un'aura da presenza fantasmatica, mentre cerca nuovi equilibri del corpo in pose sempre più statiche, fino a guadagnare il terreno in una posa semi-seduta. Il rigore formale della ricerca di una linea coreografica che non si esplica solo nel movimento ma anche nel suo contrario trova una nuova via nella pura performatività dello stare in scena, presenza assente, assenza presente, esposta allo sguardo di un pubblico per sua natura voyeur e indagatore, di modo che la coreografia assume in sé il segno di una vera e propria violenza scopica alla quale la danzatrice ora reagisce ora si sottrae. Uno spettacolo sorprendente, un vero percorso di mise en abîme e rinascita del corpo sessuato della danzatrice che, di quadro in quadro, scompare e riemerge dal buio, (ri)presentandosi di volta in volta come ragazzo irrequieto e onanista, come docile coniglietta che cerca di aderire all'immaginario maschile (irriducibile al suo corpo di donna) per giungere nel quadro finale alla trasformazione radicale da femmina a donna. La calotta di stoffa color carne che le nascondeva i capelli lascia ora posto alla sua chioma screziata di capelli bianchi, il corpo fasciato da un vestito di foggia diversa di quello femminile e stereotipato di inizio spettacolo, ai piedi degli stivali con suole e tacchi alti che non si addicono certo alla danza, Valeria cerca nuovi passi di danza, sorretta da un corpo splendidamente in forma che le permette modifiche radicali all'idea classica di movimento coreografico dove la performance fisica (d'equilibrio, di piegamenti al limite del contorsionismo) si alterna a quella coreografica senza soluzione di continuità, in un incessante gioco tra mettere e levare che può spiazzare chi crede che "coreografia" significhi semplicemente ballo. La ricerca di un femminile che sa azzerarsi per ritrovarsi (ricrearsi) altrove senza rinnegare la femminilità da cui è partita (l'ultima parte della coreografia è commentata da Ballo ballo di Raffaella Carrà le cui note escono, distorte, da un walk-man gracchiante...) una femminilità incarnata da un corpo distante dai cliché del femminino eppure così squisitamente muliebre da poter assumere, volendo, anche i caratteri del corpo maschile. Uno spettacolo indimenticabile, inquietante anche, parto del genio della coreografa Paola Bianchi (che corona così un percorso di ricerca partito dai numeri di Fibonacci), ma che, lo diciamo con tutto il rispetto per la coreografa, non ci sarebbe se non fosse per la performance di Valeria Biannchi. Alla fine, quando, come sopraffatta dall'approdo a una nuova identità femminile, più consapevole e sensuale, Valeria si ferma poggiandosi con le spalle al muro di quinta, il pubblico esita a rompere il silenzio che permea lo spazio scenico e attende un segno che lo autorizzi ad applaudire, mentre la danzatrice non smette di guardare coi i suoi occhi bellissimi e sgranati in cerca di un segno di approvazione, in bilico perfetto tra il personaggio di figura sola e quello di danzatrice che aspetta un segnale di apprezzamento. E quando le luci di platea si accendono il silenzio viene rotto da un applauso generoso, catartico, che richiama Valeria in scena più e più volte. La rassegna di danza d10 del teatro Furio Camillo non poteva cominciare in maniera migliore. Roma, Teatro Furio Camillo 7 e 8 Marzo 2009
Visto il
al Furio Camillo di Roma (RM)