Strano spettacolo in scena all'Atelier Meta-teatro. "Strano" non è esattamente una parola da critica teatrale, ma rende bene la prima reazione che il pubblico, crediamo, prova, dinanzi questo Francis Bacon a Ostia dove l'accostamento con il grande artista contemporaneo sembra, in un primo momento, quasi pretestuoso, o forse no.
Tre monologhi, momenti dice il programma di sala, per tre diversi interpreti.
Il primo, che apre lo spettacolo, è quello di Flavio Arcangeli, danzatore butoh. Un inizio stentato nel quale su un palco male illuminato emerge, lentissimamente dal nulla, la figura di un uomo, che, carponi, cerca di alzarsi, riuscendoci solo dopo molti tentavi, raggiungendo comunque un equilibrio precario. Rumore di zoccoli in sottofondo, un paio di staffe e una frusta gli oggetti coi quali questa figura interagisce. Alla fine guadagna uno specchio dove si guarda, si scioglie i capelli, ne copre il viso, raggiunge la parete di fondo della scena e guadagna l'uscita, sempre in un lunghissimo lasso di tempo.
Una performance spiazzante per i tempi dilatati (tipici di questo tipo di danza) e per le motivazioni del suo essere. Ma ecco che, una voce da imbanditore, invita il pubblico al secondo numero "davvero strepitoso, un regalo per Pasqua".
Dal buio emerge la figura di una ragazza, minuta, di origini non italiane, interpretata da Irene Betti, che, mentre col suo corpo da atleta assume pose da equilibrista provetta, racconta con un tono tra il distaccato e il faceto, con un italiano preciso ma non perfetto, la sua storia di migrazione, di sfruttamento italiano (italiani del sud, grossi e grassi, maleodoranti) che approfittano di lei e sua sorella, anche sessualmente, costringendole a un numero da circo con una vasca piena di Piraña(lei, la sorella si infila in una teca piena si serpenti e scorpioni).
In scena ancora presenti gli stivali, le staffe e la frusta del quadro precedente, mentre una striscia azzurra di materiale plastico sul quale Irene si esibisce, attraversa il palco sagittalmente.
Lo specchio ora è posto a terra a riflettere la luce mentre in fondo alla scena campeggia un trapezio da circo sul quale la ragazza ogni tanto sale.
E' la volta infine di Gianluca Bottoni che interpreta un verace fricchettone romano accampato a Capocotta, la spiaggia nudista di Ostia, tra le dune, su un ramo consumato dal mare, e gli elementi di scena dei due momenti precedenti a simboleggiano le immondizie della risacca mentre la strisca azzurra è ora il mare.
Il perosnaggio di Gianluca descrive in maniera precisa e veritiera (chi frequenta la spiaggia si riconosce nelle descrizioni) la gente, le sensazioni e i comportamenti dei bagnanti, un corpo magro ed emaciato via via meno vestito da barbone che beve vino all'una sotto il sole per abbioccarsi vagheggiando di tramonti, amori, e altri lidi.
Alla fine dello spettacolo (in verità già dall'inizio del secondo momento) è chiaro il discorso, il percorso (con gli elementi di sena a fare da trait-d'union anche fisco tra un momento e l'altro), la ragione d'essere di Francis Bacon a Ostia.
Il riferimento all'artista non è casuale. Come questi nel 1957, giunto in Italia per la Biennale di Venezia, rifiutò di alloggiare a Roma e andò a OstiaLido, i personaggi dello spettacolo costituiscono una presa di posizione forte contro ogni consuetudine, teatrale, sociale, di vita.
confrontandosi con i tre momenti fondamentali della vita di ognuno (quelli che Francis Bacon ricorda, riprendendoli a sua volta da Eliot: la Nascita, la Copula e la Morte) capovolgendone o comunque modificandone il senso consueto.
La nascita del primo momento non è quella canonica borghese di adattamento al mondo ma, al contrario, il tentativo di ricodificare il rapporto col mondo esterno, col quale si comunica tramite il corpo. Monade impacciata esce di scena prima che si sappia se il mondo si sia davvero accorto di lui e viceversa.
Il sesso non è più un piacere o un atto di affermazione di sé ma uno strumento di prevaricazione (lo sperma gettato dal pancione proprietario del circo nella vasca vicino al viso della ragazza acrobata) mentre la morte è vista come crepuscolare abbandonarsi al naturale procedere delle cose, con poetica nostalgia, un obnubilamento dei sensi dato dal vino o da qualche canna.
Tre momenti di frustrazione, in qualche modo di sconfitta, di fallimento, di perdita di un equilibrio comunque momentaneamente raggiunto.
Grido di dolore, grido di allarme Francis Bacon a Ostia si insinua nella mente dello spettatore e vi resta, piccolo tarlo di un dubbio, il dubbio di una sconfitta, della vita, della politica, dell'uomo.
Roma, Atelier Meta-Teatro dall'8 all'11 Aprile 2009
Visto il
al
Atelier Meta-Teatro
di Roma
(RM)