C’erano una volta, un piccolo teatro parrocchiale, una compagnia di attori e una platea di spettatori. Cosa accomuna questi elementi? Un mito cinematografico, la commedia più divertente del mondo: Frankenstein junior.
Il capolavoro di Mell Brooks è stato portato in scena dal Gruppo Babele Teatro che ha curato nei minimi particolari la scenografia, gli abiti e il trucco degli attori. Ispirato liberamente all’omonimo film, lo spettacolo ha riproposto, in due atti, le più celebri ed esilaranti frasi e situazioni che hanno reso la pellicola un vero cult movie.
Le luci in sala si spengono, pochi secondi e una voce ferma, dal fondo della sala, inizia un delirante monologo: il Barone Victor von Frankenstein, parla della sua concezione della vita e della morte. L’occhio di bue illumina l’attore che, per incanto, riaffiora dalle tenebre, arringando il pubblico sulla necessità di ribellarsi a Dio, la Natura e all’ordine delle cose. Egli stesso vuole diventare creatore e avere la capacità di decidere della vita e della morte. Non c’è più moralità e la scienza non ha limiti, l’uomo si sostituisce all’Onnipotente.
Sul palco non manca proprio nessuno degli esilaranti personaggi del film: il doktor Fredrick Frankenstin, nipote del Barone; Aigor, il gobbo servitore; Inga, la prosperosa assistente; Frau Blucher, amante del nonno e spauracchio dei cavalli; l’ispettore Kemp, con il suo tick nervoso e la pacata pronuncia delle parole; Elizabeth, la fidanzata del doktor; la Creatura, l’essere riportato in vita.
La scenografia riproduce le sale del castello tra cui il laboratorio segreto, a cui si accede tramite una “porta girevole” posta al centro della scena. Non mancano gli effetti speciali come il fumo per riprodurre la nebbia all’arrivo del doktor nella stazione ferroviaria. Le musiche riempiono il limbo tra la fine e l’inizio di una nuova scena, mentre gli effetti sonori aggiungono valore alle diverse situazioni rappresentate. Il trucco del mostro e gli abiti di scena sono stati curati con dovizia di particolari e grande attenzione è stata data all’interpretazione dei testi scenici da parte degli attori.
Cos’è in realtà il mostro? Semplicemente, la materializzazione vivente delle nostre paure. L’uomo si sostituisce a Dio e crea la vita perché vuole vincere il suo più grande dramma: la morte. Ma, la creatura altri non è che l’emarginato che subisce la sua diversità e, per questo, condannato dai suoi simili. Non riconosce sé stesso negli altri e non riesce a ricevere l’amore che desidera con disperazione.
Questo conflitto viene superato solo nel momento in cui al mostro è riconosciuta la facoltà di possedere un’anima, la quale non ha forma, immagine e rende tutti uguali. Dietro alla parodia si cela un significato ben preciso: l’uomo e il mostro sono due facce della stessa medaglia. La diversità è vista soggettivamente da ognuno di noi e la paura del diverso è, da sempre, la benzina sul fuoco della discriminazione.
Milano – Teatro Osoppo – 22 novembre 2007
Visto il
al
Nebiolo
di Tavazzano Con Villavesco
(LO)