A poco più di una settimana dall’apertura, il nuovo spazio teatrale - NEST Napoli Est Teatro – scommettendo coraggiosamente sulla periferia est di Napoli (nel quartiere di San Giovanni a Teduccio), accoglie la compagnia Fibre Parallele. Un’ottima occasione per far conoscenza con un gruppo di lavoro che, sin da subito, ha dimostrato una visione d’insieme lucida e moderna, così come confermato dall’affluenza di pubblico avutasi nelle prime due settimane di programmazione. In sintesi: curati e piacevoli gli spazi interni, ottima la promozione (sin dal sito ove poter acquistare i biglietti con carta di credito/Paypal), cura nell’organizzazione e nella logistica (è messo a diposizione un servizio di prenotazione taxi a prezzi concordati), un forte ideale di sviluppo culturale per i ragazzi del quartiere (l’Abbonamento sospeso ovvero un biglietto/abbonamento acquistato non per sé ma offerto a chi voglia assistere alla stagione non avendone la possibilità economica, ne è solo un esempio), infine una stagione che, seppur partita con un netto ritardo, saprà interessare il pubblico partenopeo con produzioni locali ed extra-regionali ancora inedite per la città di Napoli.
Di scena (purtroppo solo per due giorni) è la compagnia Fibre Parallele, con un testo di Riccardo Spagnuolo, Furie de sanghe – Emorragia celebrale, per la regia di Licia Lanera.
Grottesca rappresentazione di un interno familiare, composto da padre (steso in sdraio con gli occhi puntati alla tv), figlio (una mano negli slip ed una sul Gratta e Vinci) ed una zia (arcigna vecchia che accudisce, al pari di un figlio, un capitone), dove l'arrivo di una ragazza (un’obesa Lolita in short rosa shocking), fidanzata del giovane, libera in una furia emorragica la violenza fin a quel momento, a stento, tenuta a freno.
L’impostazione scenografica, una sorta di capanna, l’uso del dialetto barese, incalzante e prepotente, la fisiognomica dei personaggi, alterata (anche grazie all’uso di naso e orecchie finte) fino allo spasmo dell’espressione umana, costituiscono, sin dall’apertura della tenda che fa da sipario, un ininterrotto dialogo con lo spettatore che inconsapevolmente è condotto tra incomprensione, ribrezzo e qualche amara risata, a sentire, al pari di una pressione fisica, la forza del dramma.
Così come i protagonisti del discusso programma anni ’90, Cinico Tv di Ciprì e Maresco, la rappresentazione per quadri scenici di questi reietti, mostra vite prive di aspettative e di una qualsivoglia progettualità per le loro stesse esistenze. Vittime della loro primordiale natura brutale, per niente assomiglianti a primati nè ad animali selvatici, ma più che altro ad uomini abbrutiti sino al loro più intimo respiro. Ed è infatti un respiro a segnare il passo della storia. Riprodotto in sala, con cadenza segnata dai cambi di scena, taumaturgicamente si armonizza in loop vocali di Demetrio Stratos (cantante dello storico gruppo di rock progressivo, Area) per poi aprirsi sul finale, nella sincopata lirica dello stesso Stratos. Un brano, quest’ultimo, tratto dall’album Arbeit Macht Frei (Il lavoro rende liberi - così come recitava il motto posto all'ingresso di numerosi campi di concentramento nazisti), non a caso posta a chiusura della scena finale ove per la prima volta compare un’azione protesa al futuro. Ritroviamo infatti la giovane ragazza, da poco stuprata dal maschio dominate nel gruppo (il padre), che pulisce il pavimento e che accompagna la rassegnata accettazione per la sua futura infelicità alla consapevolezza di una riscoperta identità, fuoriuscita a fiotti come una emorragia celebrale, forse truce viatico per la futura affermazione della propria, persa, umanità.
Furie de sanghe è un lavoro giustamente misurato nei tempi e nell’estetica, che riesce a trasmettere quanto necessario senza alcuna sbavatura. Tutto funziona con precisione puntuale costituendo la migliore premessa per l’eccellente lavoro interpretativo dell’intera compagnia.