”Sei qui – ti sento mormorare – la tua bocca piena di sabbia e cenere...” recitano i versi dello scrittore Raoul Schrott (vengono da Erste Erde. Epos). Li troviamo inseriti – insieme a quelli di Gina Mattiello, insieme alle musiche di Hannes Kerschbaumer – in Gaia, a dystopian vision, performance teatrale vincitrice ex equo del premio Opera 20.21 Fringe 2017, eseguita in prima assoluta al Teatro Comunale di Bolzano.
Riflessioni su di un scenario apocalittico
Una astronauta ritorna sulla Terra, trovandola sconvolta e deserta. Vaga in una nebbia confusa, spettrale, incontra solo figure carbonizzate, fossilizzate nelle loro pose – in scena sono le scabre sculture di Aron Demetz – unici frammenti di un'umanità distrutta. Li sfiora con le mani, apre con loro un dialogo ora nostalgico, ora affettuoso, ora dai tratti allucinati. L'ispirazione di questo denso e conciso esempio di moderno musiktheater è venuta al giovane compositore tirolese dalla visione del recente film/documentario Homo Sapiens di Nikolaus Geyrhalter: un mosaico straziante di immagini raccolte a Chernobyl, a Fukushima, ovunque l'uomo lasci dietro sé scenari devastati. Lugubri presagi di una futura, rovinosa Apocalisse, dalla quale solo la Natura avrà forse qualche chance di riprendersi.Un lavoro frutto di più mani
I testi in tedesco recitati da Gina Mattiello, con qualche un accenno di sprechgesange, sono molto intensi e coinvolgenti. Ma è sopra tutto la densa partitura orchestrale di Kerschbaumer a prendere di petto lo spettatore: partitura abilmente costruita, con minimissimi ed occasionali guizzi melodici, composta di suoni ruvidi e pulsanti ideati con maestria – oltre a fonti elettroniche, richiedono anche strumenti appositamente modificati – e restituiti da un ensamble dell'Orchestra Haydn di Bolzano e Trento. Lo governa il giovane Leonhard Garms, concertatore di evidente perizia, ottenendo da esso sonorità rarefatte, estranianti, che accompagnano lo straziante errare della protagonista.
Regia a sei mani dello stesso Kerschbaumer, di Federico Campana – autore anche dei video - e di Gina Mattiello. Gli avvincenti giochi di luce si devono a Luca De Martini, la desolata scena ed i costumi invece a Natascha Maraval. Buona parte della riuscita dello spettacolo, allestito nel piccolo Teatro Studio, va ricondotta al danzatore Hyggin Delimat: forma incenerita come quelle di Pompei, che riprende vita ed instaura un muto dialogo con l'ultima superstite dell'umanità.