Loretta Grace come Whoopi Goldberg
Un viaggio nel tempo fino al 1990, anno in cui Ghost, il film, sbaragliò i botteghini di tutto il mondo con una storia, definita dalla stessa critica: “un bizzarro mix di thriller criminale, sentimentalismo e comicità”. È questa la sensazione provata all’uscita dal Barclays Teatro Nazionale di Milano dopo la Prima di Ghost, il musical. Una sensazione che, in molti momenti dello spettacolo ha fatto più volte credere di essere di fronte all’acclamata pellicola cinematografica.
Il merito va, innanzitutto, ad una produzione, quella di MAS Music, Arts & Show in collaborazione con Poltronissima, che ha saputo sfruttare al meglio tutte le potenzialità di una storia sempre emozionante, sempre viva, sempre divertente.
Ma, va da sé, che senza un cast di alto livello e un impianto tecnologico di grande impatto, il risultato non sarebbe stato lo stesso.
Star della serata, e forse personaggio più atteso, tanto da meritarsi applausi concitati alla prima uscita in scena e una standing ovation finale, è stata Loretta Grace. Degna erede nostrana della vulcanica Whoopi Goldberg, la Grace ha saputo cogliere tutte le eccellenti qualità comico-interpretative dell’attrice afroamericana, regalando una Oda Mae Brown di assoluta perfezione e dinamicità: dalla scena iniziale nel suo “studio”, insieme alle altrettanto perfette sorelle-aiutanti, a quella finale in cui Sam è finalmente libero di oltrepassare nell’aldilà, passando per quei deliziosi siparietti con Sam/ Salvatore Palombi, che hanno scatenato in sala momenti di pura ilarità che non si voleva finissero mai.
A dividere con lei la vita da fantasma di Sam, un’affranta Molly, a cui Ilaria Deangelis ha dato la fragilità necessaria e una buona intensità, ben espressa in particolare negli assolo. Di grande efficacia la scena in cui Molly decide che è arrivato il momento di andare avanti, mentre dietro di lei viene proiettato un cielo finalmente azzurro e limpido.
Applausi anche al cast maschile dello spettacolo, in cui si segnalano le ottime interpretazioni dei due fantasmi incontrati da Sam: il fantasma dell’ospedale, interpretato qui da Sebastiano Vinci, e il fantasma della metro, interpretato da Riccardo Ballerini.
Salvatore Palombi ha offerto tuttosommato una prova più che sufficiente: bravo co-protagonista nelle irresistibili gag, comiche quanto basta, insieme a Loretta Grace, buona intensità emotiva nelle scene con Molly, e convincente in quelle con il ladruncolo Willie Lopez/ Davide Paciolla e con il suo amico-rivale Carl. Ed è proprio Cristian Ruiz l’altra grande conferma della serata. Eccellenti doti canore e indiscutibili abilità performative, hanno permesso a Ruiz di gestire molto bene tutti i momenti dello spettacolo e di portare in scena un Carl nevrotico, ossessionato dalla sua ambizione di successo e potere, che deve però fare i conti con la sua insicurezza.
A dare un senso compiuto allo spettacolo, un impianto scenico di forte impatto, capace di proiettare lo spettatore nelle atmosfere metropolitane di New York, grazie a giganteschi pannelli a led sui quali scorrono immagini in 3D, a volte realistiche a volte oniriche, ma sempre in perfetta sintonia con il momento rappresentato. Così come le musiche, rigorosamente dal vivo, e gli effetti sonori che fanno da collante a tutta la storia e che colgono appieno le caratteristiche proprie dei personaggi. D’altronde, musiche e liriche sono il frutto della collaborazione di Bruce Joel Robin, autore della sceneggiatura originale che nel 2010 ha deciso di adattare il copione cinematografico per la versione teatrale, con Dave Stewart degli Eurythmics e Glen Ballard.
Da non dimenticare anche la grande importanza delle altre componenti spettacolari quali le frizzanti coreografie, il sapiente gioco di luci, e gli azzeccati costumi.
Non resta, quindi, che fare un plauso alla dinamica regia di Stefano Genovese, che ha saputo mettere insieme un cast di professionisti, tecnici e artistici, in grado di trasferire sul palcoscenico tutta la magia della versione a due dimensioni. Saranno poi il tempo e le repliche a limare quelle piccole imperfezioni che una Prima ha tutto il diritto di avere. Noi dobbiamo soltanto “prepararci a credere”.