Il primo cambiamento evidente che ci propone Robert Wilson nel suo allestimento di Giorni felici è la scena. Non una distesa inaridita che forma un monticello nel quale la protagonista Winnie è interrata fin sopra alla vita (nel primo atto) e poi fino al collo (nel secondo). Al suo posto un'estrusione d'asfalto come se Winnie non vi fosse sprofondata ma ne fosse spuntata fuori da sotto. Beccket mostra così fin da subito allo spettatore, con una immagine fisica, la situazione psicologica o esistenziale dei suoi personaggi.
Winnie sopperisce all'impossibilità di movimento con la parola e con i gesti, indaffarata a manipolare alcuni oggetti che prende da una sporta accanto a lei. Frasi e gesti borghesi coi quali cerca di convincersi che quelli sono giorni felici. Frasi che rivolge al taciturno marito, Willie, il quale vive in un buco, nella terra, da dove esce per leggere il giornale (e guardare cartoline porno), alle spalle del monticello, di modo che né Winnie né il pubblico riescono a vederlo per intero. Durante tutto lo spettacolo se ne intravedono le mani e la nuca. Solo nel finale, quando Willie cercherà di raggiungerla invano, lo vedremo per intero.
L'estrusione di asfalto si staglia davanti un fondale che non è il trompe-l'oeil molto pompier, che rappresenta una pianura ininterrotta e un cielo sconfinato, ma una parete bianca opalescente che un magnifico gioco di luci fa di colori cangianti: dal celeste del cielo al bianco del solleone al giallo del tramonto al blu/nero della notte (con tanto di lampo fatto coi tubi neon), creando aloni luminosi, di diversa intensità, intorno alla testa di Winnie.
Beckett fa vivere i suoi due personaggi dentro una metafora come se questa fosse precipitata dal mondo metafisico esistenziale cui allude, in quello concreto e reale in tutta la sua letteralità.
Winnie è veramente sprofondata nel terreno e sa che la sua è una condizione oggettiva: lo testimonia anche una coppia, marito e moglie, che l'ha vista diverso tempo prima, così conficcata, come lei racconta al marito, rimanendo perplessa, sul perchè Willie, pur potendo, non l'abbia liberata.
Fra tutte le ricognizioni di senso possibili di Giorni felici quella più icastica è la critica al posto cui la società relega la donna tramite il matrimonio. Non a caso, proprio mentre ultima la commedia, Beckett si sposa con Suzanne Deschevaux-Dusmenil, dopo più di vent'anni di convivenza, semplicemente perchè la legge non tutelava i conviventi...
In Italia questo accade ancora nel 2010...
Winnie è vittima di un marito assente ma è tutt'altro che una ingenua o un'illusa, lotta ogni giorno cercando di mantenere una speranza di felicità anche in una condizione che sa essere degradata. E' consapevole di vivere in un tempo che è sia ciclico (Winnie dice al marito che se rompe uno degli oggetti della sporta il giorno dopo quell'oggetto sarà nuovamente nella borsa, integro) che lineare (l'inesorabile scorrere del tempo che la fa sprofondare nel terreno fino al collo). Così come sa che il tempo presente e il tempo futuro sono peggiori di quello passato. Ciononostante non perde l'entusiasmo per la vita.
Un universo apparentemente semplice e dai molti significati quello di Giorni felici per tacere della sua complessità di esecuzione.
Nel testo Beckett pensa a una regia rigorosa e inderogabile tramite le didascalie che prevedono addirittura le pause e i movimenti tra una parola e l'altra.
Nell'allestimento di Wilson, Ellen Hammer interviene sulla drammaturgia tagliando pesantemente le didascalie (compresi i continui contorcimenti del torso per vedere il marito dietro di sé) ed eliminando quasi tutte le pause in esse indicate (soprattutto nel secondo atto dove Winnie parla con velocità sostenuta). Di tutti i movimenti coreografati con le parole, rimane ben poco sostituiti da un ostentato gesto della mano che pesca nella sporta, accompagnato (quando Winnie si lava i denti, mentre beve la medicina) da delle onomatopee da fumetto (gnam gnam, glu glu) sostituendo all'ironia sottile dell'originale una comicità di grana grossa che scalza l'eleganza dell'originale.
Quando Winnie, dopo aver bevuto un tonico, getta la bottiglia vuota dietro di sé, colpendo inavvertitamente Willie sulla testa, Beckett in didascalia mette un rumore di vetro infranto mentre Wilson lo sostituisce con un suono da disegno animato (un fischio con botto) che sottolinea il volo della bottiglia mancando deliberatamente uno dei pochi gag effettivamente presenti nel testo.
Proseguendo nello spettacolo di questa comicità insistita rimane solo la recitazione di Willie che balbetta, ansima, borbotta, tossisce: una misera una macchietta del personaggio originale. Questa comicità dalla grana grossa sembra una cortesia per il pubblico, per irretirlo con una facile comicità, per aiutarlo con un testo che ha invece ben altri risvolti. Più risolti altri momenti dello spettacolo, quando Winnie tira fuori uno spazzolino da denti enorme o quando la sua bocca viene ingrandita dalla lente che usa per leggere la scritta sullo spazzolino. Ma sono dettagli che non giustificano la sostanziale modifica di registro con cui Wilson approccia il testo.
Più curata la parte visiva della messinscena che però sembra sovrapporsi al testo senza entrare davvero in sinergia con esso. Le variazioni di colore della scena hanno un effetto dinamico senza sottolineare determinati contenuti di senso, o gli stati d'animo di Winnie, insistendo solo sul ritmo musicale del testo avulso dai suoi contenuti.
L'estrusione d'asfalto impedisce a Winnie di disporre intorno a sé tutti gli oggetti che tira fuori dalla sporta (descritti in dettaglio nel testo) e impedisce a Willie, nel finale, di salire verso Winnie, senza riuscirci, rotolando rovinosamente a valle (come prevede Beckett). Wilson invece fa rimanere Willie ai piedi dell'estrusione di asfalto, senza fargli compiere dei movimenti che siano sostenuti da un'idea di regia.
Anche il finale risulta confuso e improvviso (buio sul suono della campanella che sancisce giorno e notte, che nel secondo atto suona più di quanto Becckett abbia previsto) ben diversamente da quello originale (indovinate? Sì, una lunga pausa).
Una vocazione scopica (anche Willie è più visibile qui che nel testo originale) che va a detrimento del testo soprattutto quando si fa didascalica. Quando Willie guarda una cartolina porno, Winnie, fattasela porgere, ne commenta il contenuto. In Beckett il contenuto si evince dal commento della donna. Wilson invece fa porgere la cartolina a Winnie in favore del pubblico, che può adeguatamente vedere il décolletée che vi è stampato sopra. Una ostentazione visiva che tradisce quasi una mancanza di fiducia nella capacità evocativa del testo o, forse, tradisce solamente la mancanza di fiducia di Wilson nella capacità di comprensione del pubblico cui tutto è spiegato, sostenuto, insistito.
Un pubblico particolarmente maleducato quello del Valle che ha tossito in continuazione manovrando i cellulari per tutto il tempo: palchi e platea erano illuminati da una miriade di piccoli monitor (o era un effetto voluto da Wilson?).
Il pubblico tossiva, si badi bene, non perchè annoiato ma semplicemente perchè non ha più cura degli altri e crede di stare a casa propria dove può comportarsi come meglio crede. Ci chiediamo come un pubblico di tal guisa avrebbe reagito alle pause pensate da Beckett!
Una messinscena siffatta, sbilanciata fortemente verso una regia visiva, lascia all'interprete di Winnie tutto l'onere di sostenere il testo.
Compito che Adriana Asti assolve magistralmente nonostante le inosservanze alle didascalie impostele per regia, grazie a una bravura immensa, indescrivibile e irraggiungibile, che, con una interpretazione ricca di svariati registri, sostenuti da una voce che spazia dai bassi profondi alle note più alte e a uno splendido sussurrato, con la quale incarna Winnie in maniera indimenticabile.
Non fosse per lei, questa messinscena sarebbe da dimenticare quasi subito dopo essere usciti da teatro. Adriana Asti si fa invece ricordare dimostrando con la sua altissima prova d'attrice di aver letto e compreso il testo molto più di Wilson, troppo occupato dalle luminarie che allestisce per effettuare una (ri)lettura del testo che possa dirsi tale.
Prosa
GIORNI FELICI
Il testo Mr. Wilson, dov'è il testo?
Visto il
16-10-2010
al
Valle Occupato
di Roma
(RM)