GIOVANNA D'ARCO

Giovanna d'Arco secondo Andrea Chiodi

Giovanna d'Arco secondo Andrea Chiodi

La Giovanna d'Arco di Elisabetta Pozzi è una freccia che colpisce senza compromessi.

 

Far emergere un racconto dalle nebbie della storia. Far rivivere un'eroina. Una santa con la spada in mano come non ce ne sono più ma che molto ha ancora da insegnare sulla relazione tra donne, potere e pregiudizio. Il teatro può. Il teatro fa. Perché la materia è la stessa. Dei sogni, come avrebbe detto Shakespeare che, affascinato da questa donna coraggiosa, ebbe a scriverne nell'Enrico VI.

C'è il poema in endecasillabi dalla poetessa Maria Luisa Speziani, musa di Eugenio Montale, alla base dello spettacolo per la regia di Andrea Chiodi  debuttato lo scorso luglio al Festival Tra Sacro e Sacro Monte  ed ora in scena alla Sala Fontana dopo la turnèe al Magna Graecia Teatro Festival. Un testo denso di parole introspettive e preziose che narra le gesta di Giovanna d'Arco mescolando fatti storici con episodi di vita  filtrati dalla fantasia della poetessa.

Protagonista della pièce Elisabetta Pozzi (quattro premi Ubu, David di Donatello, premio Duse) che vestita di un saio color terra si muove entro il perimetro di una bassa pedana di legno abitata da pannelli mobili su cui sono dipinti tra gli altri l'Arcangelo Michele, Santa Caterina e Santa Margherita. Figure, queste, che hanno avuto un ruolo fondamentale nel processo di trasformazione della giovane Pulzella d'Orlèans.
A conficcare nelle travi del pavimento le effigi, costruire e destrutturare la scena, due soavi vestali (Francesca Porrini e Simonetta Cartia) che con la loro ugola angelica armonizzano a cappella le visioni di Giovanna, fantasma tra i fantasmi delle voci che la affiancano perché “la musica è l'anticamera di Dio”. Il ritmo è sostenuto dalla partitura musicale di Daniele D'Angelo che accompagna e scandisce i battiti cardiaci dell'eroina con sonorità antiche e a tratti primordiali. Il palco come sacra rappresentazione. E mistero.

Il monologo della Pozzi restituisce carne, materia, umore a un testo per niente facile da adattare drammaturgicamente. In prima persona, vivido forte e poetico. Fotografia in movimento della vita di una donna straordinaria raccontata con immagini semplici, leggere ma acutamente poetiche. Una narrazione che è una carrellata di sensazioni rese plastiche dal gesto, ritmo e dialettica. Corpo e voce che si fondono e animano lo spazio. La recitazione  che pure non patisce cali di energia  è un poco appannata nel finale da una distanza accennata tra rappresentazione e verità, personaggio e attrice.
 

Visto il 28-03-2014
al Fontana di Milano (MI)