Che cos’è davvero uno spazio teatrale? La lunga stagione inaugurata dal Living nei primi anni ’60 ha disintegrato qualsiasi definizione univoca. Tutti gli spazi possono diventare teatrali, basta avere una storia da raccontare e un pubblico cui raccontarla. Per il suo spettacolo a Spoleto Giudizio. Possibilità. Essere tratto da Morte di Empedocle di Hölderlin, Romeno Castellucci ha scelto una palestra, una delle tante che hanno accompagnato la nostra vita scolastica, popolata di vecchi attrezzi e dalla manutenzione approssimativa. Niente a che vedere con il fitness o il tono muscolare. Una palestra, dunque, e uno spettacolo che diventa necessariamente un esercizio di ginnastica.
Fanciulle in un ginnasio
Un gruppo di fanciulle, dopo aver eseguito a mo’ di iniziazione il taglio della lingua, ripercorre il poema che l’autore tedesco aveva dedicato al filosofo greco Empedocle e alla leggenda che lo voleva morto tra gli dei nel cratere dell’Etna. Le fanciulle formalizzano con gesti e parole la loro appartenenza a un gruppo ristretto, forse un élite, forse un tiaso alla maniera greca, forse una setta non meglio identificabile. Quello che abbiamo davanti agli occhi è un ginnasio, dove il canone dell’equilibrio e della bellezza assumeva per i Greci condizione essenziale di vita.
Le fanciulle recitano i versi di Hölderlin, assumono di volta in volta le parti di Crizia e di Ermocrate, di Pausania fedele discepolo e di Empedocle stesso, con una gestualità ieratica e perfettamente controllata. Mai, in nessun momento, le parole arrivano senza il gesto, senza un movimento che abbia il sapore della danza o della ricerca dell’equilibrio supremo. La purezza, questo sembra essere l’imperativo categorico che le accomuna, non può essere rintracciata nella quotidianità, ma in un mondo appartato e rarefatto.
Il rito della rinascita
Empedocle, ritenuto quasi un dio più che un filosofo, è salito sul vulcano e si appresta alla morte, gli Agrigentini lo raggiungono e con loro l’odioso Crizia, simbolo del cieco potere politico, ed Ermocrate, pallido rappresentante di quello religioso. Il filosofo compie il suo gesto, incurante di tutti, perché sa che in un’ottica di purezza estrema il morire equivale alla nascita. Il punto di fine non è che l’ultima tappa del punto di partenza.
Così, assistiamo, proprio nel finale, a uno dei momenti più poetici della messa in scena. Le fanciulle in scena formano un groviglio di corpi, da questo groviglio usciranno una alla volta con la testa e le braccia in avanti, come un nuotatore di dorso, come un essere umano che nasce. Ognuna di loro viene espulsa dal gruppo, che come ventre materno partorisce le sue figlie. Una volta a terra viene spogliata e nella sua assoluta nudità si avvia fuori dello spazio seguendo le accorate indicazioni delle altre. E a quel punto il meccanismo si ripete: un’altra fanciulla attraversa il groviglio di corpi e morendo rinasce. Un rito apriva lo spettacolo, il macabro taglio della lingua, un rito lo chiude. Ma quello finale è il rito della rinascita, la ripartenza nella morte. E di questo Empedocle, ci dice Hölderlin, era perfettamente consapevole.
Spettacolo: Giudizio. Possibilità. Essere
Visto alla Palestra di Baiano di Spoleto (PG)