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GL'INNAMORATI UNDERGROUND

Innamorati cronici

Innamorati cronici

Non state leggendo la recensione del film di Griffin Dunne, con protagonisti Meg Ryan e Matthew Broderick. Ma questo titolo calza a pennello all’allestimento de Gl’Innamorati, di Carlo Goldoni, portato in scena dalla compagnia Il Mulino di Amleto.

L’aggettivo “cronico” è inteso, in questo contesto, come “ricorrente”, “ripetitivo”, “ossessivo”, nel mostrare agli spettatori l’eterna lite tra l’uomo e la donna sulle ragioni dell’amore, sui tranelli che l’emotività fuori controllo e la gelosia comportano.
L’amore tormentato e immaturo tra Eugenia (Barbara Mazzi) e Fulgenzio (Raffaele Musella), pur essendo costellato da piccole, quanto futili, insicurezze e ossessioni, rappresenta la speranza e la possibilità che nonostante tutto, un futuro sia comunque possibile, anche dovendo lottare strenuamente contro se stessi.

Barbara Mazzi incarna un’Eugenia “cronica”, appunto, nella sua richiesta d’amore e nelle sue incertezze: il “tranello” di questo personaggio consiste nel risultare sempre una caricatura di se stesso; ma va dato merito a entrambi gli “innamorati” (Mazzi e Musella) di aver ricavato dall’irascibilità dei loro personaggi una leggiadra complessità, che non si sottrae a momenti di riflessione.
Merito, anche, della regia di Marco Lorenzi, presente in scena nei panni di Ettore, valletto tuttofare, protagonista delle scene (e controscene) più divertenti.
Andrea Fazzari, nei panni di Fabrizio, il padrone di casa con la fissa dell’arte, è una pregevole caricatura del benestante caduto in disgrazia; una perfetta “banderuola”, simbolo dell’attaccamento ai privilegi derivanti dalla ricchezza (non importa se posseduta o presunta).
Roberta Calia è Flamminia, emblematico esempio di amorevole sorellanza tra donne. Fabio Bisogni è il conte Roberto, nobile di rango e d’animo, quasi una personificazione del perduto concetto di “amor cortese”; il solo oltre a Flamminia, capace di prendere atto – più degli stessi Innamorati – della forza del sentimento che li lega.

In questa versione - ribattezzata Underground dalla compagnia stessa - una sola porta al centro della scena (ideata da Gaia Moltedo, che ha realizzato anche i costumi), il perno attorno al quale ruota l’intero allestimento;  il resto è tutto “a vista”, compresi gli attori, che rimangono sempre sul palcoscenico, anche quando non è il loro turno di recitare. Musiche originali di Davide Arneodo (Marlene Kuntz).

Visto il 20-01-2017
al Fontana di Milano (MI)