Prosa
GOSPODIN

Gospodin: un ragazzo disagiato

Gospodin: un ragazzo disagiato

Giunge al Teatro Bellini di Napoli (dal 20 al 24 gennaio 2016), Gospodin; l’ultima produzione italiana di Giorgio Barberio Corsetti, con protagonista Claudio Santamaria, su di un testo di Philipp Löhle, esordiente autore tedesco associato del Maxim Gorki Theater di Berlino. Un avvenimento che di per sé ha dell’inedito, considerate quanto sono rare le possibilità per uno spettatore partenopeo (ahimè, anche in questo caso non tutti i cittadini italiani sono uguali) di assistere alla messa in scena di una drammaturgia inedita di un giovane autore contemporaneo tedesco. Merito di un teatro, il Bellini (e con esso poche altre sparute eccezioni) che, così come provato dalle sue ultime stagioni, investe su proposte d’interesse senza disdegnare il profitto imprenditoriale.

Gospodin è un uomo ai margini della società, non perché sia un escluso, ma perché conduce la propria vita nell’assenza e al di là del profitto economico. Di indole docile, denuncia la propria aspirazione con fare imbronciato a tutti coloro che fanno parte della sua vita: la fidanzata, che vorrebbe che trovasse un lavoro; la madre, che vorrebbe si sistemasse; l’amico, che prova a trarre profitto dalla realizzazione di opere d’arte contemporanea riciclando i suoi elettrodomestici. Ma Gospodin, di cui non conosceremo mai il pregresso emotivo ne storico che lo ha condotto a tale ideale, fugge dalla condizione desiderata dagli altri per sé, correndo tra le strade della sua città libero nel corpo ma non nella mente. Con fare dispregiativo addita tutti come borghesucci. Tra stralunati incontri, riceve in consegna da un suo losco amico una valigetta piena di soldi. Il possesso di questa lo condurrà in prigione. Scomoda condizione di privazione per tutti ma non per lui, che ne apprezzerà la libertà nel non dover più scegliere e nel poter lavorare esclusivamente per la propria realizzazione.

Seppur sia interessante l’intuizione drammaturgica posta alla base del narrato - più che comune è la tentazione dell’eremitaggio per sfuggire allo stress ed alle paranoie del vivere contemporaneo - col passare dei primi cinque minuti essa si rivela già esaurita così come l’entusiasmo nel seguirne l’evoluzione. Molto deriva dallo spessore del protagonista, di cui non si comprendono fino in fondo le ragioni e per cui si prova simpatia non tanto per la spiccata comicità surreale di cui le sue battute vorrebbero tracimare ma per la tenerezza provata nei confronti di un povero ragazzo disagiato.

Resta la messa in scena: sobria, priva di sbavature ed eccessi (se non si tiene in conto dell’apporto spinto sul macchiettistico dei personaggi maschili interpretati da Marcello Prayer), capace nel donare al racconto fascino e levità per mezzo di una scenografia immateriale realizzata, da Barberio Corsetti e Massimo Troncanetti, proiettando sui fondali mobili composizioni di graphic animation e video mapping. Misurata la prova interpretativa di Claudio Santamaria che, concorde ai dettami registici, prova (forse con qualche broncio infantile di troppo) a dare maggiore profondità al personaggio.

Visto il 20-01-2016
al Bellini di Napoli (NA)