Danza
THE GREAT TAMER

Le Arti, i corpi, gli scavi: Papaioannou ed il teatro di metamorfosi

Le Arti, i corpi, gli scavi: Papaioannou ed il teatro di metamorfosi

Un teatro fisico, dal notevole peso specifico ed assente nella parola. The Great Tamer, come il domatore di leoni nel circo, è un modo di dichiarare il potere, pur rimanendo ben fuori dal suo controllo, perché forse è il Tempo, il vero e più grande domatore, in un circo, come quello creato dalle visioni di Dimitris Papaioannou, che resta sermpre sulla soglia di un incubo nel quale ciascuno cerca la grazia. Un ambiente in cui si cerca il senso della vita, poiché come dice l'autore, “l'uomo è l'unico animale consapevole della sua morte imminente”.

Morte di un ventenne
Si chiamava Vangelis Giakoumakis, frequentava la
Dairy School di Ioannina, nel nord della Grecia: scomparve all'improvviso, e dopo un mese di frenetiche ricerche, -vicenda molto nota sui social- fu ritrovato nel fango, sul bordo di un fiume. Un suicidio indotto, da attribuire ad atti di severo bullismo. Una tragedia del crescere, dove gli amici diventano carnefici: bisogna conoscere bene anche i dettagli di questa vicenda, per comprendere la dichiarata ispirazione principale del lavoro di Papaioannou, che propone temi come la morte e l'archeologia dello scavo in modalità sceniche e con scelte a volte perfino ossessive, e con linee visuali alternative e di grande effetto come gli smembramenti dei corpi ed il loro riassemblamento.

"Sono un pittore nel teatro"
Completando la trilogia dopo “Still Life” e “Primal Matter”, il coreografo greco, artista visivo folgorato dalla danza, ex graphic novel ed ancora evidentemente appassionato di fumetti, crea un suo personale omaggio ad una linea ideale di potenti opposti che parte dal classico (dal mito di Persefone al nudo nella pittura come celebrazione ma anche come misura di tutte le cose), si impregna di Rinascimento (dal Tableau del “Cristo morto” del Mantegna alla “Pietà con astronauta”, dalla “Lezione di anatomia” di Rembrandt a El Greco e Botticelli), attraversa la sua idea di Jacques Tati, ed approda a Jannis Kounellis, oltre che a Pina Bausch e Robert Wilson.
Un teatro di metamorfosi che si giova di una scena costruita su strati successivi di piastre grigio antracite, da molti rituali gestiti in bianco e nero e da un valzer di Strauss fortemente rallentato.

Ricerca e psicosomatica
Se è vero che l'ego freudianamente è in linea di principio un assoluto col corpo, nell'esperienza del teatro danza di Papaioannou il concetto di psicosoma si palesa nudo e pieno di sfumature accecanti, sebbene nei contorni delle ombre. Evita estetismi presuntuosamente cerebrali, e cerca la vittima ventenne non nel tragico incidente, ma scavando nel fango del fiume e dentro la dark side of the moon, fino a scovare le immagini primarie, le tracce mnestiche che ci infestano.
Grande merito di questa riuscita ricerca, va ai dieci protagonisti sul palco, che impersonano un'ampia varietà di caratteri e di elementi situazionali con forza e leggerezza, costruendo quadri ed impressioni in maniera sempre impeccabile, fino alla splendida, emozionante ricostruzione finale del campo accanto al fiume - sepolcro di Giakoumakis e di molti falsi pensieri.

Visto il 23-06-2017
al Politeama di Napoli (NA)