Prosa
HAMLET TRAVESTIE

Amleto vestito di farsa e spogliato di poetica

Amleto vestito di farsa e spogliato di poetica

All’interno del meeting Turn Over - Più spazio per crescere, dedicato al “sistema teatro” che si è svolto dal 13 al 18 ottobre presso gli spazi del Teatro Bellini di Napoli, la compagnia Punta Corsara ha portato in scena la sua produzione Hamlet travetie di Gianni Vastarella ed Emanuele Valenti, per la drammaturgia di Marina Dammacco e per la regia dello stesso Valenti.

Ispirata dalla riscrittura burlesque settecentesca di John Poole ed attingendo al Don Fausto di Antonio Petito, si giunge ad una pièce in cui l’Amleto shakespeariano diviene specchio delle tensioni materiali e morali della famiglia Barilotto, nucleo familiare della Napoli popolare e contemporanea, soggetti di un quadro in cui il lavoro, la casa, il rapporti familiari ed i debiti sono sfondo della loro quotidiana sopravvivenza. In quest’ambiente si muove, dissociato dal gruppo familiare, il figlio Amleto; vittima della sua stessa crisi d’appartenenza (nei confronti della famiglia e più in genere della realtà in cui vive) scaturita dalla morte improvvisa del padre. Sarà il canovaccio della tragedia shakespeariana, utilizzata per far rinsavire il ragazzo, a mettere in luce le singole identità e a dare, attraverso un’improbabile vicenda, un nuovo ordine alle loro vite.

Forte risulta sin dalle prime battute la pretesa di denotare i colti rimandi e la volontà di condurre, attraverso la forma farsesca, al racconto delle realtà sociali più disagiate. C’è da rendere merito ad un’intuizione artistica che voglia servire in forma nuova le quotidiane frustrazioni, violenze ed impotenze di chi vive le complesse contraddizioni delle periferie metropolitane. Realtà da cui Punta Corsara ha mosso i primi passi, essendo la compagnia stessa nata in seguito ad un progetto formativo svoltosi nel 2007 negli spazi dell’auditorium di Scampia (nella periferia Nord di Napoli). Inoltre, il gioco di rimandi con la storia del principe di Danimarca è più che legittimo poiché anche la vicende narrate da Shakespeare, pur nate dalla vendetta per un titolo dinastico usurpato, sono trasformate in un dramma morale e lo stesso Amleto è, con il suo relativismo, lo scetticismo ed i dubbi legati alle possibili azioni da intraprendere per ristabilire la giustizia, emblema sublime dell’uomo moderno, ancor più vicino alla controversa contemporaneità se rapportato ad un ragazzo delle periferie ed alla difficile sopravvivenza della famiglia Barilotto.

Se validi e potenti sono i mezzi di cui si è dotata la penna dell’autore, non altrettanto forte risulta essere l’esito conseguito. La comicità farsesca pur essendo un’arma potente, capace di scatenare le più amare lacrime, può più facilmente decadere nel macchiettismo. Non è da escludere quanto ciò sia dovuto in parte ad una scelta, di dubbio gusto, ed in parte al parco controllo registico nello stemperare gli entusiasmi manieristici della compagnia. La scrittura, da non ritenersi molto dissimile dalla drammaturgia data la presenza in scena dell’autore quale protagonista, è scarna della necessaria profondità descrittiva delle psicologie dei personaggi e dei presunti (solo alcune rapide battute li descrivono) difficili rapporti familiari. Ne consegue che oltre alla mancanza di verosimiglianza, anche sul piano poetico, si assiste ad una messa in scena ove la quarta parete si inspessisce con lo scorrere del tempo, creando incomprensione e distanza dal pubblico.

Semplice e scarna, la scenografia diviene un utile strumento nel descrivere i tratti di queste nuove maschere della commedia dell’arte, capaci di trasmettere poetici rimandi alle guarattelle napoletane e marcando le capacità espressive degli attori.

Visto il 16-10-2014
al Bellini di Napoli (NA)