Difficile oggi riscrivere l’<i>Otello</i> di Shakespeare. Difficile affrontarlo per dargli quell’attualità necessaria alla sua messa in scena. Con lo spettacolo <i>Hell…un’altra storia del moro di Venezia</i> di Francesco Giuffrè, andato in scena alla Galleria Toledo di Napoli, si ripropone una difficoltà ricorrente del teatro contemporaneo, quella di attualizzare in modo convincente una tradizione teatrale lunga e stratificata. Bisogna domandarsi se sia possibile raccontare ancora una volta la storia di Otello, Desdemona, Iago e Cassio e a quali nuove traiettorie estetiche affidarsi.
Chiuso nel buio di uno stanzone confuso e pieno di oggetti, Otello è un anziano signore che ha abbandonato il suo ruolo di eroe e condottiero: il mondo esterno non gli interessa più perché ha deciso di vivere solo una dimensione intima e personale, caratterizzata dal suo matrimonio con Desdemona, giovane e bella fanciulla piena di vita. Vivono questo mondo oppressivo e morbosa anche Cassio, indaffarato a fare il poeta, e Iago, annoiato da una pace senza fine.
Nonostante l’ottimo cast – Francesco Biscione in un convincente Othello, Riccardo Scarafoni in un perfido Iago, ma sono da ricordare anche Francesca Cuttica, Giorgio Marchesi e Marta Nuti – e l’impegno drammaturgico della regia e della scenografia, lo spettacolo mostra i limiti della sua sfida scenica, quella di ri-tessere una trama molto nota e di riannodare i suoi fili drammatici. E soprattutto emerge la difficoltà di questa forma teatrale post-elisabettiana di confrontarsi con il suo tempo, un tempo davvero infernale, che non riesce a farsi contenuto violento, capace di raccontare la guerra e la pace, l’amore e l’invidia, il razzismo e l’intolleranza.