Dimmi come giochi e ti dirò chi sei

Dimmi come giochi e ti dirò chi sei
© Teatro.it

La compagnia dei Malmadur porta in scena Homo Ludens un progetto di ricerca teatrale intorno al gioco e alle sue regole. Sono quest’ultime infatti a costituire l’ossatura drammaturgica della perfomance.

Il gioco viene prima della cultura

Con questo mantra, scandito quasi come formula rituale, ma anche premessa indispensabile a riconoscere la nostra vera natura di giocatori ancor prima di qualsiasi sovrastruttura, comincia Homo Ludens, che ricava il titolo da un celebre saggio di Huizinga ma in realtà si ispira (chi potrebbe affermare il contrario?), al fascino che su ognuno di noi ha l’estrema serietà del gioco. I tre protagonisti sono tre giocatori che in una rocambolesca asta iniziale vengono acquistati dal pubblico diviso a sua volta in settori colorati: quattro settori per tre giocatori.

La squadra senza giocatore, ci avverte un compassatissimo arbitro, non avrà un beniamino per cui fare il tifo, ma sarà di fatto l’ago della bilancia dell’intero gioco. Cominciano le prove: su un tappeto scenico attraversato da linee bianche che simulano posizioni e percorsi da seguire i tre si lanciano in sfide di abilità a volte infantili, camminare a ritroso con la schiena a terra e le caviglie tenute strette, a volte invece più raffinate, il gioco della mosca bianca ad esempio, scoprire tra il pubblico l’unico spettatore che abbia o abbia fatto una determinata cosa.

Sono le regole a fare il gioco

Tra citazioni di Huizinga e di Valéry lo spettacolo esplora il gioco come realtà antropologica più che culturale. Alla maniera di guerrieri ancestrali i tre giocatori spalmano il colore di appartenenza sulla fronte e le braccia, mentre con il medesimo colore segnano su una lastra metallica, utilizzata dall’arbitro come gong, tutte le volte che usciranno sconfitti da una prova. Intanto silenzioso, a bordo scena, se ne sta un probabile quarto giocatore, attende. Scopriremo alla fine che il suo compito è quello di sostituire lo sconfitto, presentarsi al pubblico prima che le luci si spengano fino alla prossima replica.

L’Homo Ludens dei Malmadur è anche questo: ogni replica è una partita dove la composizione del gruppo cambia e per questo non potrà che essere una partita diversa. Il gioco accompagna le trasformazioni simulando la meccanica dell’esistenza, in pratica una continua trasformazione nel qui e ora. Il gioco si fa metafora, ma le regole restano ferree, l’arbitro conteggia i tempi, decreta le irregolarità, assegna vittorie o sconfitte. Malmadur dimostra ancora una volta la capacità di pensare allo spettacolo come ricerca, percorso e progettazione continui, di vedersi insomma in viaggio e mai all’arrivo. Il teatro d’altronde è il gioco per eccellenza, il gioco del travestimento e del tradimento, ed è per questo che Homo Ludens finisce per essere, a suo modo, una forma di teatro nel teatro. In qualsiasi gioco le regole si rispettano, in teatro a doversi rispettare è allora il piacere del gioco.


Spettacolo: Homo Ludens
Visto alla Sala dei Magazzini del Sale di Venezia.