Il 12 ottobre al Teatro Comunale di Ferrara Balletto Civile ha presentato in prima assoluta (dopo lo studio avviato l’estate scorsa con Bolzano Danza) la nuova produzione, in collaborazione con Festival Bolzano Danza, Fondazione Teatro Due di Parma, Fondazione Teatro Comunale di Ferrara e con il sostegno del Centro Giovanile Dialma Ruggiero, "How Long is Now”, che ha aperto il Festival di Danza Contemporanea 2013 di Ferrara.
L’ideazione e la coreografia sono di Michela Lucenti, danzatrice e coreografa fra le più originali e interessanti del panorama contemporaneo italiano. Lo script è di Maurizio Camilli, le liriche di Sara Ippolito, il disegno luci semplice, ma efficace, in grado di creare atmosfere oniriche, poetiche e reali, è di Pasquale Mari.
In scena con la compagnia c’era anche la violoncellista e compositrice di origine canadese Julia Kent, figura di rilievo nel panorama musicale internazionale, che ha eseguito dal vivo musiche originali da lei composte. Una collaborazione estremamente proficua quello tra Balletto Civile e Julia Kent, un connubio artistico straordinario: la musica di Julia Kent e i corpi dei danzatori in scena “parlavano” tra di loro, si fondevano sapientemente, creando una relazione profonda tra la musica, i corpi e il pubblico.
In scena, oltre a una straordinaria e intensa Michela Lucenti (che nonostante il piccolo infortunio avvenuto durante la generale ci ha regalato una performance notevole), ci sono anche gli altri interpreti/danzatori e creatori della compagnia: Maurizio Camilli, Andrea Capaldi, Ambra Chiarello, Francesco Gabrielli, Sara Ippolito, Chris Knight, Maurizio Lucenti, Michela Lucenti, Carlo Massari, Alessandro Pallecchi, Gianluca Pezzino, Emanuela Serra, Giulia Spattini, Chiara Taviani.
Danzatori talentuosi, pieni di energia, forza, ma anche in grado di regalarci momenti di lievie poesia, di straordinaria leggerezza, intesa come leggerezza calviniana, ovvero non superficialità, ma come la capacità di “planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore”.
“How long is now # Ferrara” ha preso forma a Ferrara - grazie alla collaborazione con Asp Centro Servizi alla Persona di Ferrara – infatti dal 20 settembre al 12 ottobre Balletto Civile ha curato presso la Casa Residenza per Anziani della città estense il laboratorio “FERRARA#PEOPLE. Sotto la direzione di Michela Lucenti e Maurizio Camilli, un gruppo di ospiti della Casa Residenza e alcuni membri del Centro Sociale Ricreativo Culturale Rivana Garden hanno dialogato con i giovani della compagnia: il tema del laboratorio era la solidarietà fra le generazioni . Il laboratorio ha sviluppato la parola, ma ha anche elaborato un linguaggio più fisico, costruito su un’idea condivisa di gestualità che ha permesso ai danzatori di dare vita ai ricordi, agli aneddoti, alle esperienze di chi ha qualche hanno di più di loro, di chi appartiene a un’altra generazione, per certi versi a un’altra epoca, una sorta di dialogo – a più livelli - tra generazioni. La condivisione di esperienze, il lavoro sul corpo e la parola ha creato un legame speciale tra i danzatori e gli anziani ospiti, forte e intenso, che emerge in scena ed emoziona interpreti e pubblico.
La storia è quella di un vecchio professore sulla sua poltrona bianca e di un prato verde brillante pieno di momenti di vita vissuta: i ricordi di un tempo ormai lontano, passato.
Al centro dello spettacolo c’è la relazione tra il vecchio professore e il suo giovane nipote.
Un incontro tra chi è ossessivamente proiettato nel passato e vive di ricordi, attraverso essi e chi invece è, data l’età, proiettato nel futuro: l’incontro però si svolge nel presente, nell’ora e adesso.
Scrive la compagnia: “Eccoli lì uno dietro l’altro come in un album di vecchie fotografie, si ripresentano senza bussare i ricordi di una vita, la sua storia che diventa un po’ anche la nostra. Puntuali, tutti in fila, un po’ più belli nei loro cappotti brillanti, splendono pettinati e sorridenti, vicini e tremendamente lontani. La storia ricomincia una volta ancora, ed è straordinaria, uguale e sempre diversa… La figlia erede di un tempo presente ancora da capire perché troppo vicino, corre tra il passato e futuro senza dare tempo al respiro di arrivare fino in fondo, qual è il suo momento? Sotto un cappello troppo largo e un paio di occhiali troppo grandi si presenta un nipote inadatto. Si fa largo nel vecchio sentiero per tracciarne uno nuovo. Senza saperlo ridefinisce i confini di quel che era per andare verso quel che sarà.
Raccoglie un’eredità che inevitabilmente si trasforma nell’attimo in cui il testimone passa da un corridore all’altro. Quanto dura quell’attimo?... I ricordi del professore siamo noi. Nulla si crea e nulla si distrugge, tutto Ci trasforma”
I corpi creano una magia speciale in scena, un’energia forte e viva: una profonda a armonia lega intimamente i corpi, una sorta di filo rosso invisibile ma percepibile li tiene uniti, li muove. La relazione tra il vecchio professore e il suo giovane nipote è un viaggio nella memoria, nei ricordi e nelle ossessioni che vengono sviscerate per indagare e analizzare quasi scientificamente un pezzo di vita: una metafora per raccontare un semplice legame tra generazioni, per cogliere un momento che dura il tempo di un Bolero.
I corpi degli interpreti evocano i ricordi, le paure, le persone che hanno fatto parte della vita del vecchio professore; le emozioni si insidiano nel corpo, diventano parte di esso, come i ricordi, i pensieri, le vite vissute: i corpi diventano testimoni viventi e reali di una piccola storia, che si inserisce all’interno di una più grande, una storia con la “esse” maiuscola, e che diventa una parabola per capire la vita, per affrontare il dolore e superarlo, per andare avanti, per pensare al futuro. L’interazione con il gruppo di ospiti della “casa di riposo” di Ferrara, rende questo lascito reale, concreto, vivo, non c’è finzione nei loro sguardi: ciò che viene tramandato parte dai padri per arrivare ai figli, e una volta arrivato riparte una volta ancora, la fine è l’inizio e viceversa e in quel preciso istante in cui inizio e fine si incontrano tutto cambia, di nuovo. How long is now?
Scrive la Compagnia: “Mettere via piccole e preziose emozioni, capitalizzarle e custodirle, rivalutarle negli anni al netto dell’inflazione dei dolori e dello spread delle illusioni. Non cedere alla finanza emotiva. Resistere.”
Il teatro di Michela Lucenti e Balletto Civile è un teatro dell’esperienza, una danza della vita, in cui il realismo è paradossalmente irreale e surreale allo stesso tempo.
In “How long is now” siamo in un sogno, ma siamo anche in un ricordo, i confini sono labili, non è sempre chiaro e forse non è così importante: corpi eterei e impalpabili, cedono il posto a corpi dai colori vivaci, tremendamente vivi nella loro presenza e carnalità, la leggerezza impercettibile della dimensione onirica si alterna alla forza energica di ricordi felici, ancora presenti nella memoria.
Michela Lucenti compie una scelta istintiva, come lo è il suo teatro – ponendo attenzione alla maggior efficacia dei contrasti ed equilibrandoli sapientemente: comico e tragico, pezzi soli e d’insiemi, narrazione e danza.
Utilizza il suo corpo e quello dei suoi interpreti nella sua totalità, parola compresa, intesa come espressione del corpo, e li mette in contatto con le “cose”della realtà, facendoli diventare veicoli di sentimenti universali. La ricerca di Balletto Civile si orienta verso un “teatro totale” che integra il canto dal vivo al movimento, fondato quest’ultimo sulla relazione profonda tra gli interpreti e la condivisione di un linguaggio. La danza è intesa da Balletto Civile come presenza unificante e latente del corpo, che serve a confrontarsi con lo spazio, il tempo, la durata, i ritmi del teatro.
“How long is now” è uno spettacolo intenso, emozionante ed emozionato, in grado di coinvolgere il pubblico, scuoterlo, non dà risposte, ma non importa, perché ci aiuta a porci le giuste domande: how long is now?!
“Certe cose si posso dire con le parole, altre con i movimenti. Ma ci sono anche dei momenti in cui si rimane senza parole, completamente perduti e disorientati, non si sa più che fare. A questo punto comincia la danza…questa è la cosa meravigliosa della danza: il corpo è una realtà senza la quale niente è possibile, ma oltre la quale si deve anche saper andare…” (Pina Bausch.)