“I 39 scalini” è un testo di John Buchan che ha ispirato tre film – di cui, il più noto e meno fedele al libro è quello di Alfred Hitchcock – una serie televisiva e svariati adattamenti teatrali, tra cui quello di Patrick Barlow che voleva sul palco solo 4 attori, al quale qui si fa riferimento grazie alla regia dell’inglese Maria Aitken.
Nini Salerno, Roberto Ciufoli, Barbara Terrinoni e Manuel Casella, in scena dal 3 Novembre sul palco del Teatro Vittoria di Roma, ci mettono del loro, aggiungendo humor e colore a questo giallo-comico, confezionando un vero gioiellino.
All’inizio della commedia vediamo il protagonista Richard Hanney, interpretato con disinvoltura inaspettata da un inedito Manuel Casella, tornato a Londra dopo aver fatto fortuna nello Zimbawe e tediato dalla monotonia della sua città. Il personaggio di Annabella entra in scena portando con se un fitto mistero: non capiamo granché di ciò che la riguarda e di certo neanche Hanney, ma è chiaro che nella vita del protagonista dal quel momento non ci sarà più spazio per la noia.
Al di là della trama non troppo intricata di questo giallo e dell’ironia del testo che, soprattutto nel primo atto, riesce a strapparci più di una risata, la particolarità dello spettacolo sta nel rapporto che si crea col pubblico. La fantasia dello spettatore viene continuamente stuzzicata quel tanto che basta a farlo lavorare d’immaginazione, coinvolgendolo, così, nello spettacolo.
Grandiosa la simulazione dei movimenti del treno, soprattutto quando si trovano tutti sul tetto; simpatica ed efficace l’idea di ovviare all’impossibilità di creare scenografie sempre nuove, ricorrendo ad oggetti “mobili”, come la porta che viene voltata dalla parte esterna o da quella interna a seconda che i protagonisti si trovino idealmente dentro o fuori un ambiente o come le finestre rappresentate da cornici di legno tenute in mano dagli attori quando devono affacciarvisi o, ancora, come quando, rinunciando a qualunque oggetto, si mima abilmente – con tanto di “effetto sonoro” - l’apertura e la chiusura di porte, vetri e sportelli del tutto immaginari. E il bello è che si scherza palesemente anche sul fatto stesso di “simulare” luoghi e oggetti, facendo così della “mancanza” un ulteriore elemento di comicità.
C’è una lavoro estetico accurato e riuscitissimo; si costruiscono continuamente “immagini” che compongano lo spettacolo come “quadri” e i personaggi sembrano quasi fumetti, grazie ad una ricerca di caratterizzazione nella gestualità, nelle pose, nella mimica facciale. Basta fare caso a come, ad esempio, Hanney dispiega e consulta la mappa rubata ad Annabella: un semplice gesto diventa pretesto per catturare lo sguardo dello spettatore, guidarlo, incuriosirlo e farlo sorridere. Complice anche il gioco di luci e ombre in stile così dichiaratamente “thriller”.
Ciufoli, Salerno e Terrinoni sono gli attori jolly della compagnia ed hanno il compito difficile di arricchire il percorso del protagonista di un’infinità di personaggi e compagni d’avventura: dimostrano una capacità incredibile di cambiare ogni volta faccia, voce, atteggiamento, postura, interpretando anche 3 personaggi ciascuno nella medesima scena. Le trovate per creare altri personaggi immaginari, poi, sono tante e tutte divertentissime, come quella di creare sulla parete di fondo le ombre di qualcuno con delle sagome di legno.
Visto il
04-11-2009
al
Vittoria
di Roma
(RM)