Prosa
I 39 SCALINI

Suspense è la parola d’ordine…

Suspense è la parola d’ordine…
Suspense è la parola d’ordine. O forse no. Perché I 39 Scalini, portato sul palco dell’Acacia da Franco Oppini, Ninì Salerno, Urbano Barberini, Barbara Terrinoni non è facilmente catalogabile come genere. E’ vero che trae ispirazione da un thriller di John Buchan, ma è pur vero che risente delle varie contaminazioni con cui gli eclettici attori riescono a valorizzare questo lavoro. Ebbene sì, il pubblico viene catapultato nel mondo “ovattato” quanto intriso di un’ ironia tipicamente anglosassone, ma non manca qualche sfumatura “rosa”. Spionaggio, amore, metateatro. Gli ingredienti ci sono tutti per rendere ancora più ricco questo appuntamento con un testo di genere. La performance degli ex Gatti di Vicolo Miracoli è accattivante e spicca per tecnica e dinamicità. Passano con nonchalance da un personaggio all’altro, regalando così al pubblico un’interpretazione caratterizzata da un’abile gestione dei tempi recitativi. Sono loro, camaleonticamente, a prestare il volto ai vari personaggi che si alternano sulla scena, accanto ai due protagonisti principali. Già il prologo, con le irresistibili battute iniziali, lascia presagire la varietà e l’originalità di cui la vicenda è l’emblema. Tocca all’irresistibile Mister Memory il compito di dare il via con i prodigi della sua mente, in grado di incamerare un numero corposo di informazioni, ad uno show capace di coniugarsi con un giallo. Nodo della storia l’omicidio di Annabella Smith, spia, che spingerà il protagonista Richard Hannay ad una rocambolesca fuga. Ciliegina sulla torta un finale all’insegna del sentimento. Della serie tutto è bene quel che finisce bene. Va sottolineata anche la cura con cui è stata concepita la scenografia. Consona rispetto all’ambientazione, caratterizzata dalla mobilità da alcuni elementi che la compongono, risulta ben congegnata.
Visto il
al Giacosa di Aosta (AO)