Saverio Mercadante nacque ad Altamura nel 1795 ma studiò a Napoli, esordendo giovanissimo come operista. Nel 1833 venne nominato maestro di cappella a Novara, dal 1840 fu a capo del conservatorio di Napoli. Considerato uno dei compositori più popolari del suo tempo, non solo in Italia ma anche in Spagna e Francia, venne chiamato a Parigi nel 1836 su invito di Rossini. Oltre 60 i suoi lavori teatrali, tra cui “Il giuramento” del 1837 e “Il bravo” del 1839, gli altri titoli sono praticamente spariti dai cartelloni e quasi mai toccati dalla discografia.
Diversa la storia de “I due Figaro”, commissionata nel 1826 dal teatro Principe di Madrid ma, a causa dell'opposizione della censura, andata in scena solo nel 1833 e nel 1836. L'autografo conservato a Napoli è incompleto e confuso e non ne consentiva la messa in scena, fino recente alla scoperta di Paolo Cascio della partitura completa a Madrid e la decisione di Riccardo Muti di chiudere così il progetto quinquennale dedicato alla Scuola musicale napoletana, che ha visto il Ravenna Festival coproduttore insieme al Festival di Pentecoste di Salisburgo e con il supporto dell'editore Ut Orpheus.
“I due Figaro” è certamente l'opera più sorprendente del progetto di Muti, epigona della scuola napoletana rivitalizzata dalla brillantezza rossiniana e da stilemi iberici. Infatti la partitura denota la conoscenza di Rossini e di Mozart, la padronanza della musica spagnola, di boleri e fandanghi, il confronto con i contemporanei Donizetti e Bellini (che praticamente nel 1826 iniziava la sua attività).
Felice Romani ha tratto il libretto dai personaggi di Beaumarchais. Siamo diversi anni dopo le Nozze di Figaro e il Barbiere di Siviglia, dei quali “I due Figaro” è con tutta evidenza il sequel. Il conte e la contessa hanno una figlia adolescente, Inez, in procinto di sposarsi. Figaro è passato dalla ricerca della felicità al trafficare per soldi e cerca di introdurre in casa del conte un falso pretendente in modo da dividersi poi la dote. Ma, grazie agli artifici delle furbe donne (Inez, la contessa e Susanna, moglie di Figaro), il piano viene sventato e Inez può impalmare l'amato Cherubino, che dai tempi “mozartiani” ha fatto carriera militare. Cherubino si era già introdotto in casa nelle vesti di un servitore di nome Figaro, da cui il titolo della commedia. Il sottotitolo, “il soggetto di una commedia”, è tale perchè quel che si vede in scena è anticipato da Figaro, che detta un'idea per una commedia al poeta Plagio (nomen omen). Ovviamente in mezzo ci sono equivoci, bugie, siparietti, confusione, amore e presunti tradimenti.
La scena fissa di Daniel Bianco ricrea un peristilio con una bouganvillea fiorita. Nel primo atto le pareti intorno lasciano intravedere chi si muove dietro i muri del cortile e, nel secondo atto, eliminate queste pareti, restano specchi che rimandano accenni di figure, senza particolari intenti di sdoppiamenti. Per gli interni scende una parete di azulejos azzurri e rossi su fondo bianco.
Efficace l'illuminazione di Edoardo Bravo: luci più intense e mediterranee nel primo atto, quando il plot è più scoppiettante; luci più crepuscolari se non notturne nel secondo, quando l'attenzione si focalizza maggiormente sui sentimenti dei protagonisti.
I costumi di Jesùs Ruiz situano l'azione nel Settecento, sono declinati in caldi, solari colori ed hanno tocchi di originalità nei dettagli arricciati in vita e sulle spalle.
I movimenti coreografici di Nuria Castejon accentuano il quadro spagnolo.
La regia di Emilio Sagi consente il giusto dipanarsi del plot in modo piacevole e chiaro per gli spettatori, ricreando una Spagna da cartolina; il regista usa le colonne della scena come disimpegno per i movimenti dei protagonisti e posiziona il coro in modo da farlo apparire non schierato ma partecipe dell'azione scenica.
La direzione di Riccardo Muti è encomiabile per tempi e suoni e l'Orchestra giovanile Luigi Cherubini lo asseconda ottimamente. Perfetti tutti i giovani protagonisti per presenza scenica e vocalità. Antonio Poli conferisce giusto spessore al Conte di Almaviva con voce pulita e potente, sicura nell'acuto, un Conte malinconico che riflette sulla fine dell'amore ed ha un risveglio di passione per la cameriera della moglie. Asude Karayavuz è una Contessa che si distingue per contegno e colore vocale (bella la sua aria in cui riflette sull'abitudinarietà dell'amore). Rosa Feola è la spigliata Inez, fresca e scoppiettante. Annalisa Stroppa interpreta uno straordinario Cherubino con voce estesa dai colori contraltili. Mario Cassi è un sicuro e presuntuoso Figaro, degno sposo della Susanna di Eleonora Buratto, sicura nelle agilità di “Di mille cabale”. Competano il cast il Torribio di Anicio Zorzi Giustiniani e il Plagio di Omar Montanari, che ha in mano un modellino della scena. Perfetto anche il Philarmonia Chor Wien, preparato da Walter Zeh.
Teatro gremito, successo pieno con moltissimi applausi a scena aperta e nel finale.
Da segnalare il bel volume del Festival, accompagnato da un catalogo di Cesare Reggiani che ha curato le immagini “favolistiche” degli spettacoli in cartellone.