Prosa
I DUE GEMELLI VENEZIANI

Che il “genio comico” abbia r…

Che il “genio comico” abbia r…
Che il “genio comico” abbia rapito Carlo Goldoni (Venezia 1707 - Parigi 1793) appare chiaro fin dalle prime opere come “I due gemelli veneziani” (scritta nel 1747 a Pisa, dove dal 45 al 48 esercita la professione di avvocato, e portata al successo da uno straordinario attore, Pantalone Cesare D’Arbes, che essendo per sua natura dicotomico nel comportamento, tra il raffinato e il sempliciotto, ha suggerito a Goldoni l’idea di utilizzare un solo attore per le due parti) in cui sono ricalcate le strutture tipiche della Commedia dell’Arte con divertenti assurdità della trama intrecciata in modo gustoso e condita da lazzi comici e con la presenza di maschere tradizionali. Ispirata ai ‘Maenechmi’ di Plauto e con tanti emuli in ogni secolo - “rancido argomento”come ricorda Goldoni stesso nella prefazione - la commedia segna il passaggio alla ‘riforma’ con un’analisi più approfondita dei personaggi che diventano sempre più realistici con novità sostanziali come il giocare su somiglianza e diversità dei gemelli. Proveniente dal mondo rurale della Val Brembana, Zanetto - gemello sciocco, vile e codardo - ricorda la rozzezza di Zanni di cui richiama anche il nome. Cittadino e uomo di mondo, Tonino gemello intelligente, arguto, coraggioso, brillante e fedele ai valori della tradizione mercantile veneziana tanto da rappresentare l’ideale del ‘cortesan’ esemplifica quella borghesia così ben ritratta dal commediografo. I due che non si conoscono essendo vissuti l’uno nella Bergamasca e l’altro a Venezia si ritrovano per questioni di cuore a Verona e toccherà a Pancrazio astuto, impostore e disonesto pretendente mettere in atto un progetto criminoso che innesca il finale della commedia. Il regista Antonio Calenda - Direttore del Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia dal maggio 1995 - ha deciso di affidare a un attore versatile, maturo, serio, intenso e di spessore come Massimo Dapporto (Milano 1945), figlio del grande Carlo, il compito di interpretare i due gemelli, identici come aspetto fisico, ma agli antipodi come carattere e ci riesce benissimo con una recitazione altamente raffinata. Pur essendo favorevole a interpretazioni fedeli allo spirito del testo, tuttavia un ritmo più serrato avrebbe esaltato maggiormente le qualità del primo attore e della commedia. Il vero filo conduttore è l’Amore nelle più diverse sfumature gioiose e melanconiche che assumono tinte tragicomiche con l’avvelenamento di Zanetto, espediente nuovo in una commedia, ma reso accettabile per l’aura di comicità che non reca nello spettatore “tristezza alcuna” come sostiene lo stesso Goldoni. Intorno ruotano personaggi e ‘maschere pensanti’ che rispettano fedelmente il testo e il momento in fieri della poetica goldoniana. Raffinati i costumi e splendida e rasserenante la scenografia dominata dalla carrozza, simbolo dei viaggi dei gemelli e perchè no del percorso esistenziale. Milano, Teatro Manzoni, 9 gennaio 2008
Visto il
al Augusteo di Napoli (NA)