Natalino Balasso smonta e rimonta I due gemelli di Carlo Goldoni, e Jurij Ferrini gli regge il sacco in modo magistrale, con il valido apporto di altri sei attori-trasformisti. Al Teatro Ivo Chiesa di Genova, Balasso aggredisce subito gli spettatori, con una voce ultraterrena che cade sulla platea a sipario ancora chiuso. Dice: sono l’autore, e sembra che stia parlando Zeus.
E’ un predicozzo in piena regola. Ordina di spegnere i cellulari, prefigurando figuracce per gli sbadati. Intima agli spettatori di non formalizzarsi per l’adattamento: "Al cinema sopportate tutto, poi venite in teatro e rompete per una parolaccia. Ma il linguaggio serve a rendere credibili i personaggi. E crescete un po’!"
La protesta degli anni 70
L’ambientazione si sposta al 1970, con tutte le sue contraddizioni. Il periodo si capisce dai costumi di Paola Caterina D’Arienzo e dalla scenografia di Eleonora Diana: quattro banchi e panche modulari, che si trasformano in balcone stile Giulietta e Romeo, o in un’osteria. Due paratie danno l’idea dell’edificio: una specie di quinta da cui entrare o uscire, per cambiare identità e innescare la ridda degli equivoci.
I due gemelli è una commedia da ridere, ma anche da pensare. Ci si interroga sull’identità, il ruolo nella società, il riconoscimento di sé stessi e dell’altro. Il senso della vita; i destini decisi dal caso. Due gemelli: uno è un delinquente dal coltello facile, l’altro è un musicista pavido e in cerca di identità come artista e come uomo. Ci sono tre scritte: Chi sono? Cosa ci faccio qui? E soprattutto, perché? La vicenda era già anomala nella scrittura originale, con due morti in scena: roba da tragedia. Goldoni, Balasso e Ferrini riescono però a tenere l’opera sui binari della commedia: muoiono, ma la loro morte è ridicola. Infatti il pubblico ride.
I costumi sono degli anni 70, le musiche spaziano dai 60 ai 90: un trentennio di profonde trasformazioni. La commedia è nata in pieno Illuminismo, ma in una società dove dominano corruzione, inganno, decadenza e conformismo. E com’è la situazione nei 70? Identica, dicono Balasso e Ferrini. La protesta fa da sfondo: i figli dei fiori persi nei loro sogni lisergici; il terrorismo faccia violenta della protesta; la criminalità che si spartisce i nuovi mercati. Criminali veri, capaci di massacrare una donna a calci e bastonate e farla franca. Le droghe; l’amore libero e quello omosessuale.
La bugia si accoppia con la bugia
La polarità non è solo nel carattere dei gemelli: permea tutta la commedia. Ci sono i delinquenti e i buoni, e quelli che sono contemporaneamente buoni e cattivi. Balasso ci fa capire che per lui c’è sovrapposizione tra il ‘700, gli anni ’70 e la contemporaneità: e dato che oggi c’è il Covid, quando gli attori si baciano frappongono uno specchio tra le due bocche.
“Nella nostra modernità, dove la bugia si accoppia con bugia, fino a far della menzogna una compagna quotidiana – dice Ferrini - questa commedia offre una riflessione sul tema dell’apparenza, con il virtuale che tende sempre più a sostituirsi al reale. Manipola la realtà fino a confonderci nel più totale smarrimento, fino a farci cadere nelle più improbabili fake news, nuove armi di persuasione di massa”.
Il teatro prende in giro sé stesso
Poi c’è la vena irridente e sarcastica di Natalino Balasso, con il teatro che racconta sé stesso e si prende in giro. Per esempio Colombina, che protesta contro un allestimento al risparmio, che costringe sette attori a interpretare 20 personaggi. Il mattatore Ferrini interpreta i due gemelli Zanetto e Tonino. Poi Vittorio Camarota, una prorompente Maria Rita Lo Destro (Rosaura), Federico Palumeri, Stefano Paradisi, Andrea Peron. Un peperino come Marta Zito interpreta la domestica Colombina: in realtà si chiama ed è Colombiana, e vuole sposarsi per avere il permesso di soggiorno. Ma zittisce Rosaura: "Taci, perché io sono laureata, e tu no".
Numerosi gli intoppi nella recitazione: come se gli attori non si ricordassero la parte, o stessero recitando a soggetto. Improbabile un’ondata di smemoratezza collettiva: o Balasso ha previsto pezzi di commedia dove gli attori devono improvvisare, oppure l’effetto-improvvisazione era voluto. Giusto per rimarcare l’immagine del teatro che fa il verso a se stesso.