Gli scontri armati tra due uomini a colpi di spade, pistole e coltelli hanno arricchito la Storia e numerose opere letterarie. A sfidarsi in passato sono stati eroi, cavalieri, ma anche letterati e politici. Famoso è l’episodio di Marcel Proust che sfidò a duello il giornalista Lorrain per una critica non condivisa dall’autore francese, bizzarre, invece, le proposte di combattimento tra Oscar Luigi Scalfaro e il padre di una ragazza a cui l’ex presidente della repubblica avrebbe rimproverato di essere vestita in modo sconveniente o tra George W. Bush e Saddam Hussein, come aveva suggerito Yassin Ramadan – viceministro di Baghdad – per risolvere lo scontro tra Iraq e USA, mentre Kofi Annan avrebbe fatto da padrino e ambasciatore.
E al fascino del duello ha ceduto anche l’attore Alessio Boni che come Ridley Scott, a distanza di quarant’anni, ha esordito come regista teatrale con il racconto I duellanti di Joseph Conrad. Lo scrittore inglese – che ci ha affascinato con i suoi racconti di mare – scelse questo soggetto leggendo un articolo di cronaca locale, in cui si raccontava di due ufficiali napoleonici che si sfidarono in diciassette duelli per circa vent’anni.
La trama è semplice e lineare: il tenente d'Hubert (Alessio Boni) e il tenente Feraud (Marcello Prayer) – l'uno d'estrazione nobiliare, l'altro nato nella famiglia di un fabbro – si sfidano per lealtà e onore nella Francia napoleonica. Una sfida d’altri tempi, riproposta con grande cura a partire dai movimenti della lotta – grazie alla collaborazione con il maestro d’armi Renzo Musumeci Greco – scanditi dalle musiche di Luca D’Alberto e suonate in scena dalla violoncellista Federica Vecchio. Sullo sfondo di un’unica scenografia – curata da Massimo Troncanetti – con impalcature metalliche e arredi ottocenteschi, la tensione, il dinamismo e i cambi di scena sono accompagnati da dissolvenze, fumi e tagli di luce noir che esaltano i duelli, addolciscono le riflessioni dei protagonisti e nascondono i rapidi cambi di scena e costumi.
L’allestimento suggestivo e gli avvincenti duelli lasciano spazio all’introspezione, grazie a monologhi che rivelano il tocco personale della nuova regia, perché – come dichiara lo stesso Boni – la sfida a volte diventa una lotta con se stessi: “un Fight Club intimo dove il tuo avversario non esiste, anzi sei tu”.