Prosa
I KARAMAZOV

I capolavori, anche a distanz…

I capolavori, anche a distanz…
I capolavori, anche a distanza di tempo, restano vivi, moderni e presenti. Continuano a porre interrogativi, persino turbarci. Non smettono di parlarci, e confrontarsi con loro non solo è doveroso ma necessario. Lo sa bene la regista Marinella Anaclerio che, dopo anni di lavoro, finalmente porta in scena lo spettacolo "I Karamazov (Dello spirito della carne del cuore)" tratto dall'ultimo romanzo di Dostoevskij: “I fratelli Karamazov”. Assistere alla messinscena delle trepidazioni dei protagonisti significa respirare drammaticità e tensione spirituale, addentrarsi dentro la storia dell’umanità, già conosciuta e indagata, che non smette di appassionare, sempre portatrice d’interrogativi pronti a sconvolgere verità assolute e vacillanti. I quattro fratelli, che si ritrovano in casa del licenzioso e ignobile padre, verso cui nutrono tutti, in modo differente, un odio profondissimo, rivivono sulla scena ed emozionano per la loro fedeltà alle pagine del romanzo. La rappresentazione è scrupolosa, affronta forse con troppa minuzia la pluralità di contenuti del romanzo dostoevskiano, e tutti caratteri sono scandagliati in profondità. Gli attori sono davvero bravi e comunicano al pubblico la dovuta tensione emotiva e la ponderosità della loro continua autoanalisi morale. Tutto è dipinto perfettamente: lo scetticismo laico e la forza dell’intelletto di Ivan; la passionalità e la dedizione alla vita mondana di Dimitri; la serafica spiritualità e la morale incorruttibile di Aliosha; la frustrazione e la rabbia depressa del povero SmerdJakov. La trama, semplice, vede molteplici e inestricabili vicende, a tratti comiche, a tratti tragiche. Ma la durata dello spettacolo, quattro ore, pone il rischio di far venir meno l'attenzione dello spettatore. La questione non è certo su chi, tra i figli, abbia ucciso Fedor Karamazov, bensì tutto è funzionale perché si parli dell’esistenza o della non esistenza di Dio, del bene e del male, del libero arbitrio e dello scontro tra la ragione orgogliosa e l’anelito della fede. L’atmosfera è corale, quella della Russia religiosa e moralista di fine Ottocento, e gli incroci e l’affastellarsi dei singoli drammi individuali è ben rappresentata, visivamente, dallo svolgersi simultaneo di più azioni in scena. La scena è essenziale ma evocativa. Sul palcoscenico una pedana circolare dalla quale s’irradiano gli eventi come cerchi concentrici, e che ospiterà, nel finale, la gabbia rotonda intorno alla quale i personaggi si ricongiungeranno. Le vicende sembrano non lasciar spazio agli oggetti. Sul palco sono appena disposte, di volta in volta: sedie, poltrone lussuose e tavole imbandite, intorno alle quali si banchetta e si filosofeggia. A suddividere i momenti principali non c’è il sipario ma un velo che cade dall’alto, leggero, delicato, che si distende e si racchiude come un respiro. Bari - Teatro Piccinni - 23 gennaio 2009
Visto il
al Cittadella di Lugano ()