I lombardi alla prima crociata debuttano a Macerata. E questo da solo basta perchè sia un Avvenimento (proprio così, con la A maiuscola). Ma, se qualcuno fosse ancora più esigente, basta leggere il cartellone: Pizzi ha rimesso insieme il cast stellare del gennaio 2009 al Regio di Parma. Pertusi, Theodossiou, Meli sul palco, Callegari in buca. E, se ancora questo non bastasse, andate ad ascoltarli dal vivo allo Sferisterio: ne resterete affascinati.
Pizzi ha ideato per le tre opere in cartellone un unico dispositivo scenico, una pedana di legno chiaro che, nel caso dei Lombardi, ha ai lati due spazi rettangolari non praticabili. Questo è possibile solo allo Sferisterio, uno spazio che è un monumento, uno spazio che genera emozione, uno spazio che è teatralità anche (e soprattutto) quando rimane vuoto. E, in questo caso, è completamente vuoto, se non per un crocifisso dal corpo muscoloso e articolato che viene portato in alcuni momenti in scena (anche per richiamare gli altri allestimenti, che sempre intorno alla croce sono imperniati). In particolare qui mi è piaciuto che il crocifisso non viene infilato da qualche parte, ma viene sostenuto da otto comparse: le loro mani sul legno nero sono suggestive, come anche il senso del sostegno dell'umanità al fine della gloria di Dio, tema della stagione.
Fondamentali nell'economia dello spettacolo le luci di Sergio Rossi, che creano la giusta atmosfera in ogni quadro, massimamente nel quarto atto, con le acque luccicanti del Siloe che si replicano sul muro a mattoni dello Sferisterio e con i fasci di luce dall'alto a suggerire una torreggiante e sfolgorante Gerusalemme.
Pizzi è impareggiabile coi costumi. In questo caso il nero dei Lombardi (che mi ha ricordato l'essenzialità di certe comunità Amish dell'Illinois) contrapposto al colore caldo e solare dei musulmani; lane opache ed uniformi per i primi sovrastate da cappe sui toni cangianti del viola e del grigio, velluti damascati e sontuosi per i secondi nei colori splendenti dell'Oriente; cuffie e lunghi veli per i primi, turbanti e foulard bianchi sottogola per i secondi. I vestiti di Giselda sono emblema del cambiamento: nero all'inizio, bianco nel prosieguo. E nel finale la presenza dei tre protagonisti è elegantemente legata: bianco per Giselda, saio nero per Pagano, bianco e nero crociato per Arvino.
La regia segue le indicazioni librettistiche e chiede ai cantanti una gestualità che agevoli il plot; le masse sono sapientemente spiegate nell'occupare il grande spazio e nel muoversi con particolare eleganza.
Di grande suggestione nel quarto atto la scena sulle acque del Siloe, rese presenti con due piscine ai lati del palco: acqua salvifica e rigenerante attraversata da coppie di lombardi, mentre risuona il sempre emozionante “O Signore, dal tetto natio”, bene eseguito dal coro lirico marchigiano, preparato da David Crescenzi.
Vertice della messa in scena il solo del violino nel terzo atto, un capolavoro di stile nell'esecuzione perfetta di Michelangelo Mazza, che ha suonato note lamentose così dolenti da rendere immediatamente e perfettamente la situazione successiva, la morte di Oronte. La presenza del violinista sul palco, vestito di nero e a piedi nudi, ha contribuito a esaltare il momento.
Daniele Callegari, impegnato in questa stagione in due titoli verdiani, ha diretto con tempi veloci ed agili, rendendo tutta la forza risorgimentale della partitura.
Michele Pertusi è un seducente Pagano, elegante nel fraseggiare, impeccabili i registri, soprattutto il grave, con rotonde sonorità di particolare intensità emozionale.
Dimitra Theodossiou affronta Giselda con generosità, notevole temperamento e pose da orante coi palmi in alto (questo è uno dei suoi ruoli negli ultimi anni); perfette le mezze voci cariche di pathos, gli acuti vere sciabolate nell'aria fresca e stellata dello Sferisterio, “No! No! Giusta causa non è d'Iddio” resa con particolari veemenza e partecipazione interiore che hanno conquistato il pubblico.
Francesco Meli dona intenso lirismo al suo Oronte, uomo di notevole spessore sentimentale, delicato e sofisticato, dalla voce limpida e salda (notevole il contrasto con gli impetuosi e rudi crociati nelle belle divise bianconere).
Alessandro Liberatore è un giovanile Arvino dalla voce impeccabile; il tenore è bravo e rende a tutto tondo un personaggio che a volte è schiacciato dagli altri (non qui). Alexandra Zabala è una volitiva Viclinda velata di viola, determinata e forte. Luca Dall'Amico è un Acciano dall'ampio abito e dal turbante imponente, vocalmente adeguato. Molto efficace e pregnante la Sofia di Annunziata Vestri. Con loro Andrea Mastroni (Pirro) ed Enrico Cossutta (un priore della città di Milano). Anbeta Toromani è la ballerina solista che ha reso con impareggiabile grazia le coreografia di classiche movenze creata da Gheorghe Iancu sull'assolo di violino.
Molti applausi per tutti sia durante la recita che alla fine.