Prosa
I PARENTI TERRIBILI

Torna in scena, al Teatro Bel…

Torna in scena, al Teatro Bel…
Torna in scena, al Teatro Belli, dopo le repliche al Teatro dell'Orologio lo scorso ottobre, la più famosa commedia di Jean Cocteau, I parenti terribili come per tradizione si è tradotto il titolo originale, che recita Les parents terribles, cioè i genitori terribili, rappresentata la prima volta il 14 novembre 1938 al Théatre des Ambassadeurs di Parigi, che diede scandalo per il tema e il modo di affrontarlo: il rapporto asfissiante, al limite dell'incestuoso, tra Yvonne e suo figlio Michel, ventenne, che sfocia nella tragedia quando il ragazzo annuncia di volersi sposare con Madeleine, una ragazza che, il caso vuole, sia anche l'amate di suo padre Georges... Cocteau, rinunciando agli sperimentalismi delle sue opere precedenti, allestisce una commedia boulevardière caratterizzata da colpi di scena, esasperati confronti tra i personaggi con urla e violenti scambi di battute il cui nodo stesso sarebbe un intreccio da "vaudeville", se l'andamento delle scene e il congegno dei personaggi non fossero drammatici come ebbe a scrivere Cocteau stesso1. La forza de I parenti terribili parte dalla precisione di scrittura con cui la struttura drammatica sposa le forme della commedia per mostrare il dramma dei suoi personaggi, quello di un amore puro, totale, declinato in varie forme. L'amore sublimato di Léo, la sorella zitella di Yvonne, per suo cognato George, cui era stata fidanzata prima che questi sposasse Yvonne; quello nemmeno tanto sublimato di Yvonne per Michel, che vede eternamente come un figlio da portare in grembo, e quello corrisposto di Michel e Madaleine che costerà la vita di Yvonne. Nel suo intreccio da vaudeville I parenti terribili mostra tutta la fragilità dei ruoli borghesi, la madre Yvonne incapace di fare da moglie che cerca nell'amore filiale le soddisfazioni che non sa trovare in quello coniugale ( esiste tra i coniugi un'affinità che renderebbe molto imbarazzanti certe cose confida a Léò); Léo che non ha saputo rinunciare del tutto a Georges e si è dedicata alla sua famiglia mantenendola e agendovi come una governante, mentre Georges è un ragazzino mal cresciuto che cerca nella giovane Madeleine quell'affetto che non sa di avere in casa. La messa in scena di Adriana Martino si caratterizza per alcune scelte discutibili. Intanto lo sfrondamento delle precise disposizioni scenografiche del testo: quattro porte per scena, nel primo e terzo atto, che devono essere perfettamente funzionanti perchè sono sbattute in continuazione; addirittura una scala a chiocciola che sale a un ipotetico piano superiore nel secondo atto, con dettagli realistici di vestiti, libri, mobili, minuziosamente descritti in lunghe e articolate didascalie, troppo gravose per una produzione modesta come questa, sostituite da scenografie che non sanno scegliere tra il blando realismo di rari dettagli scenografici e il sobrio simbolismo di scene dipinte (la casa di Madeleine del secondo atto) finendo per non essere nessuna delle due cose. Quello che convince di meno, però, è il registro con cui Martino dirige i suoi (bravissimi) attori. La regista calca troppo la mano sul lato comico, sul vaudeville, presentando dei personaggi che, loro malgrado, non si prendono troppo sul serio, snaturando la vera essenza del testo di Cocteau che fa emergere il tragico proprio dallo scarto tra la forma di commedia che ha (la forma, si badi, non l'essenza) e l'argomento drammatico che tratta. Come non avesse avuto fiducia di dirigere lo spettacolo seguendo fino in fondo le direttive date dal suo stesso autore Adriana Martino preferisce la via facile dell'apparato comico costringendo i suoi attori ad affettazioni che finiscono per sovrapporsi al vero significato del testo e a soffocarlo. Se Gloria Sapio riesce, nonostante queste indicazioni di regia, a fare di Yvonne un personaggio tragico, con una recitazione minuziosa, precisa, a levare, che poco indulge alla commedia, vera vittima della regia è il personaggio di Léo, il quale, nonostante sia recitato splendidamente da Valentina Martino Ghiglia, è percorso da una serie di smorfie, e gag da vaudeville, che poco si addicono a Cocteau. Se poi si tiene presente che alla prima rappresentazione della commedia il ruolo di Michel fu interpretato dal giovane uomo Jean Marais si rimane interdetti anche dalla scelta di Giuseppe Mortelitti, fresco di accademia, che non ha alcuna colpa se non quella di essere troppo giovane per il ruolo che è chiamato a interpretare. Nonostante le manchevolezze di una regia pavida e pigra lo spettacolo funziona egregiamente reggendosi tutto sulla bravura dei suoi interpreti sopratutto di Gloria Sapio e Valentina Martino Ghiglia che rubano la scena già con la loro mera presenza. Se non loro almeno il testo di Cocteau avrebbe meritato una regia maggiormente motivata, sostenuta da un'urgenza nel voler allestire proprio questa commedia che andasse al di là della mera intenzione di volerla fare. 1) Jean Cocteau Teatro Einaudi, Torino 1970 (1963) p. 232 Roma, Teatro Belli dal 18 febbraio al 1 Marzo 2009
Visto il
al Belli di Roma (RM)