Sono molti anni ormai che le regie teatrali di Federico Tiezzi e le interpretazioni attoriche di Sandro Lombardi lavorano con lo stesso passo, fermo nei principi estetici ed inarrestabile nella ricerca, nella direzione di una drammaturgia capace di rileggere alla luce di questa contemporaneità alcuni grandi testi del passato divenuti ormai classici. Tiezzi e Lombardi, continuando questa traiettoria, hanno portato recentemente in scena al Teatro Mercadante di Napoli “I Promessi Sposi alla prova” da un testo che Giovanni Testori scrisse per le scene nel 1984. Su di un palcoscenico di vaga ascendenza elisabettiana, sia per la semplicità della scena che per la costruzione su due livelli, gli attori si muovono tra rossi sipari, scalinate laterali e lunghe tavolate per la lettura del testo e per le prove dello spettacolo. Cifra della messa in scena sembra essere uno sfacciato e reiterato gioco di meta-teatralità che coinvolge gli attori della compagnia nella messa in scena del famoso romanzo manzoniano, uno prova che diventa uno spettacolo per gli spettatori a teatro, ma soprattutto una messa in scena come prova eternamente correggibile nella quale teatro e vita sembrano confondersi e scambiarsi continuamente di ruolo. In questa suggestiva drammaturgia del farsi, del sospendere e del ricominciare, del correggere e del riprovare, gli attori sembrano trovare una strada infine nelle potenzialità della scena di far sentire le cose, nel muovere le passioni, nel provocare i sentimenti e nel confronto continuo con la vita. Il teatro può fare tutto questo, sembrano suggerire Tiezzi e Lombardi, ma la miccia che deve incendiare il teatro risiede nell’arma della parola, nelle sue straordinarie capacità evocative. Per questo in questo interessante spettacolo che oscilla tra Pirandello e Shakespeare, nella dialettica tra il gioco del teatro nel teatro ed il potere della scena di incantare e ricostruire mondi fantastici, gli attori – non solo Lombardi, ma anche i bravissimi Massimo Verdastro e Marion D’Amburgo – diventano alla fine corpi vocali. La scelta del testo manzoniano come punto di partenza dello spettacolo sembra essere effettivamente solo un pretesto per parlare d’altro, tanto di moralità e decadenza da una parte, come di estetica teatrale dall’altra. E la parola, quella capace di creare con il suo semplice alito una scena, e quindi un mondo, sul palco ne rappresenta la sua sintesi suprema.
Napoli – Teatro Mercadante, 12.1.2011