Musical e varietà
I PROMESSI SPOSI - OPERA MODERNA

Un'imponente opera musicale

Un'imponente opera musicale

A fine luglio per una settimana, il duomo di Milano, come per magia, è stato visto ergersi tra i templi greci della valle di Agrigento: è questo, infatti,  il luogo scelto da Michele Guardì  per il debutto nella sua terra d'origine de I promessi sposi - Opera moderna. Lavoro ambizioso a cui il famoso autore e regista televisivo ha dedicato (assieme al Maestro Pippo Flora, autore delle musiche) le vacanze estive degli ultimi dodici anni. Un kolossal costato sei milioni di euro, che è stato costruito a poco a poco ed il cui risultato, a valutare il gradimento del pubblico che lo ha seguito dal vivo, è stato entusiasmante.

I promessi sposi - Opera moderna è infatti un insieme di ottimi “ingredienti” (cast, scenografie, costumi) miscelati da un’appassionata e ritmata regia che, in quasi tre ore di spettacolo, non lascia spazio a tempi morti, e che fa trasparire la grande esperienza televisiva e teatrale e la profonda cultura musicale e letteraria di Michele Guardì. Opera originale e tradizionale allo stesso tempo, questo lavoro tende a rileggere il romanzo di Manzoni ma non a stravolgerlo, attingendo a piene mani dall’opera lirica ottocentesca, sia nell’impostazione scenografica - di Luciano Ricceri, con imponenti scene girevoli mosse manualmente - che nei colori e nei chiaroscuri, alla Francesco Hayez, delle luci di Franco Ferrari e dei costumi di Alessandro Lai. Ma soprattutto nella evocativa musica (che a tratti richiama, chissà se volutamente, anche l’epicità delle colonne sonore di Morricone ed a volte, l’allegria scanzonata di Trovaioli delle commedie firmate Garinei e Giovannini) con un’ouverture eseguita in un’immaginaria sala prove-sala trucco in cui si ritrovano gli attori con costumisti, truccatori, macchinisti prima di entrare in scena, e che ha il compito di prendere per mano lo spettatore e di farlo entrare a poco a poco dentro il racconto.

È anche musical, quello della tradizione anglosassone e dei film hollywoodiani, che viene richiamato alla mente dagli spettacolari balletti “di massa” di Mauro Astolfi, con un cospicuo cast di eccellenti ed atletici ballerini professionisti e con coreografie che in alcuni passaggi diventano movimentata scenografia (suggestiva l’immagine delle monache che di notte al lume di candela camminano l’una dietro l’altra all’interno del convento di Monza o di Don Rodrigo, incubo nel sonno di Don Abbondio, arrampicato, come un ragno, su una gigantesca ragnatela).

Il cast degli interpreti è composto da giovani attori-cantanti di esperienza e talento e già conosciuti per aver partecipato ad altri spettacoli teatrali di richiamo. Le parti sono tutte molto equilibrate. Infatti, tutti riescono ad essere protagonisti in momenti precisi dello spettacolo e tutti concorrono a renderlo perfetto agli occhi dello spettatore. E con un unico leitmotiv: quello dell’amore vero. I due promessi sposi vivono un sentimento intenso ed appassionato. Graziano Galatone con la sua potente e melodica voce e la sua atleticità e prestanza fisica ci fa dimenticare presto il goffo ed impacciato Renzo di Manzoni. Anche Noemi Smorra è una Lucia diversa, romantica e forte dei suoi sentimenti. Don Rodrigo (Giò Di Tonno) è un uomo infelice e tormentato che finisce per innamorarsi davvero di Lucia, incantato dalla sua purezza. La monaca di Monza, Lola Ponce, è una sensuale ma, allo stesso tempo, tenera donna che spasima d’amore per il suo dolce Egidio (Enrico D’Amore); insieme a lui e ai promessi sposi interpreta la struggente «Amore che non posso amare». Notevole l’interpretazione di Christian Gravina, potente e  applauditissima voce da tenore, nel doppio ruolo di Fra Cristoforo e del cardinale Borromeo; l'Innominato Vittorio Matteucci (paradossalmente meno tetro dei personaggi ai quali finora ci ha abituati), drammatico e sofferto nell’interpretazione di «Un uomo niente», insieme a Gravina, conquista il pubblico nel duetto della conversione «Solo il silenzio».

La scena finale è un applaudito «Pater noster» cantato in coro da tutti gli interpreti tra il profumo d’incenso bruciato nei turiboli e zampilli di acqua che bagnano gli attori in scena (ed anche qualche spettatore) e che, con uno spettacolare effetto, simulano la pioggia purificatrice e provvidenziale che libera Milano dalla peste.
Da segnalare uno spigliato Renzo Musumeci Greco, il maestro d’armi di film e musical di successo, che stavolta si è ritrovato sulla scena come attore interpretando un nobile spagnolo. Tra le donne, splendida la madre di Cecilia di Chiara Luppi; e deliziosa, una disinvolta piccola donna, Andreagaia Wilderk nel doppio ruolo Gertrude bambina e di Cecilia, per la prima volta sulle scene. Sottotono invece (soprattutto nella vocalità) rispetto al resto del cast, Paola Lavini nella parte di Agnese. Ci saremmo aspettati un ruolo più incisivo e meno marginale da parte del vicario Maurizio Semeraro, giovane attore dalla bellissima voce, già interprete del  commovente e al tempo stesso divertente Leonetto in Poveri ma belli per la regia di Massimo Ranieri.

Nel complesso lo spettacolo, per il concorso di forze messe in atto, alla fine forse risulta un po’ troppo ricco e ridondante (e per questo a volte presenta anche  qualche imprecisione, come ad esempio nell’iconografia del tabernacolo davanti al quale Don Abbondio incontra i “bravi”), ma la piacevolezza di un’opera teatrale sta anche in questo. Ultimamente, infatti, capita troppo spesso di assistere a spettacoli con scenografie e costumi scarni e poco curati (e anche l'occhio dello spettatore vuole la sua parte). 

A dicembre lo spettacolo sarà in scena al Teatro degli Arcimboldi di Milano.

Visto il 29-07-2010
al Teatro Valle dei Templi di Agrigento (AG)