Fossimo ancora ai tempi d'oro delle registrazioni in studio, i produttori discografici farebbero a gara per scritturare una cantante come Jessica Pratt, che oggi potrebbe esser a pieno diritto l'erede, anche nelle scelte di repertorio, d'una Joan Sutherland. Con una marcia in più: quella di una dizione nitida e pienamente intellegibile, cosa che all'altra mancò sempre.
Appena applaudita (metaforicamente, eravamo on line) nella Linda di Chamounix fiorentina, troviamo ora il soprano anglo-australiano subito alle prese con un'altra vetta del repertorio belcantistico, I puritani. E' il titolo selezionato dal Teatro dell'Opera di Roma per aprire questo 2021, mancante qui oramai da trent'anni. Non è l'opera più popolare oggi di Bellini – palma che spetta a Norma – ma senza ombra di dubbio la più proporzionata, la più rifinita, vero ed assoluto apogeo del Belcantismo.
Data in semplice forma di concerto, trasmessa urbi et orbi in streaming (qui il link) senza pubblico in sala, ma con numeri d'ascolti da remoto assai lusinghieri. Potrebbero essere stati ben superiori, se non ci fosse stata la concomitante diretta RAI del Così fan tutte della Scala. Fatto di cui molti melomani, costretti a scegliere, si sono lamentati.
Un concertatore incline al romanticismo
Dirige l'Orchestra ed il Coro Roberto Abbado, profondendo convincimento drammatico, encomiabile fantasia, savia leggerezza. Sempre perfettamente allineato alle linee vocali, sostenute con affinato mestiere e con piena coscienza stilistica (e tempi sensati, ça va sans dire), Abbado trae dalle fila degli strumenti un abbandono ed una cantabilità squisitamente belliniani. Ecco dunque la partitura risplendere nelle sue migliori qualità, sin dalla lucida presenza degli ottoni nell'Introduzione al I° atto, amplificata nei colori e in varietà timbrica; un lavoro di scavo che ne porta in primo piano anche tutte le preziosità armoniche, ed insieme l'abbondanza di finissime increspature melodiche.
Jessica Pratt è interprete eccellente di Elvira, ruolo pirotecnico come pochi. Fresca spontaneità, musicalità invidiabile, tecnica solidissima e taglio belcantistico impeccabile, le premesse di base; doti puntellate tutte da un timbro chiaro ed ammaliante, dalla voce morbida e corposa al centro, e penetrante e limpida tanto negli acuti come nelle mezze voci, con filati strabilianti. Per non parlare delle bellissime colorature, rese con garbata nonchalance. Non c'è momento dell'opera insomma – dal duetto con Sir Giorgio alla lunga scena della pazzia - che non rechi la sua forte impronta. Persino l'abito da sposa indossato al primo atto, sventolato nella turbinosa polacca, pare esca dal suo guardaroba.
Quanto ad affidabilità esecutiva, non scherza neppure Lawrence Brownlee: ottimo tenore 'contraltino', dalla voce affilata ed argentina, esibisce pure lui la sua bella dose di musicalità e di buon gusto interpretativo, oltre che la solite, consapevoli qualità stilistiche; senza dimenticare l'emissione omogenea ed estesa, il fraseggio ineccepibile, l'estrema limpidezza nel registro superiore. Ma se proprio vogliamo, quello che manca al suo Arturo è una maggiore intensità di carattere, ed un pizzico di romanticismo e di virilità in più. Quello che un po' guasta, invece, un leggerissimo tremolio della voce.
Trionfo della vocalità belcantistica
Andiamo avanti. Franco Vassallo delinea da subito un Riccardo di solido impianto psicologico, sempre ben fraseggiato, carico di colori e inflessioni, bellamente rifinito nei recitativi; da parte sua Nicola Ulivieri apporta severa autorevolezza e fine eleganza vocale al suo Giorgio. Li vediamo far faville insieme nel duetto concluso dalla celebre cabaletta “Suoni la tromba”.
L'altro Valton, Gualtiero, è appannaggio del bravo Roberto Lorenzi. Provengono infine dalle aule di “Fabbrica” Young Artist, programma di perfezionamento dell’Opera di Roma, due giovani e preparati interpreti: sono Rodrigo Ortiz (Roberton) ed Irene Savignano (Enrichetta).
Infine: destinatario di numerosi interventi, il coro preparato da Roberto Gabbiani non ha mancato un colpo.