Genova, teatro Carlo Felice, “I Vespri Siciliani ” di Giuseppe Verdi
O TU, PALERMO, LACERATA E BIANCA
A differenza delle altre opere di Verdi, “I Vespri”, nonostante la bellissima musica, non è mai entrata nel repertorio corrente, per la trama artificiosa e il suo essere “composita” nel tentativo di rielaborare modelli francesi per soddisfare le esigenze del grand-opéra a scapito della coerenza drammatica e musicale.
Nessun personaggio è il vero protagonista, prevale l’affresco storico a forti tinte in cui affiorano affetti personali contrastati da eventi politici con un finale “imperfetto” che chiude bruscamente l’opera lasciando sorti e conflitti irrisolti.
L’opera rivela però lo sforzo di Verdi di superare i modelli dati per cercare un nuovo linguaggio musicale, più vario e incisivo, depurato di inutile ornamentazione e rispondente a scelte drammatiche e realistiche: un passo importante verso la parola scenica della maturità.
Scelta interessante dunque riproporla in apertura di stagione al Carlo Felice con un cast vocale di tutto rispetto, in una produzione importata dall’Opéra Bastille con regia di Andrei Serban e scene e costumi di Richard Hudson. La vicenda, ispirata a uno storico massacro avvenuto nel regno di Sicilia nel XIII secolo durante il dominio francese, viene qui trasposta all’inizio del Novecento. La scena è completamente bianca, un paese mediterraneo dalle mura sbrecciate di mattoni intonacati a calce lacerato da conflitti e da una scomoda presenza coloniale, una città bianca dai grandi spazi in cui si apre un varco da cui si intravede il blu intenso del mare e del cielo, Palermo, Algeri..
Qua e là cumuli di pietre, detriti su cui affermare la tirannide, scogli dove cercare scampo alla violenza francese. Un enorme pugno di gesso rivolto verso il basso, simbolo dell’oppressione del potere politico e paterno, scende a invadere la scena.
Lo spettacolo si risolve principalmente nel chiaroscuro creato dai bei costumi che si stagliano sulla scena abbacinante e vuota (francesi in kaki, siciliani oppressi in nero, “le dilette amiche” in abiti fluttuanti e immacolati ), il risultato è piacevole a livello visivo, ma lo spettacolo risulta monotono, privo di approfondimento. Mancando un’impostazione registica forte spetta all’iniziativa degli interpreti trovare la via per rendere credibile il dramma, con risultati però discontinui.
La componente spettacolare e coreografica è volutamente limitata, le danze sono stilizzate - una via di mezzo fra passi marziali e minimale folklore - viste in lontananza, quasi fuori scena per minimizzare ed “emarginare“ l’aspetto esteriore del grand-opéra. Del tutto assente il lungo balletto delle quattro stagioni con beneficio per la continuità della tensione drammatica.
Più che la regia, è la direzione musicale che con forza espressiva e narrativa restituisce il clima dell’opera. Renato Palumbo controlla bene orchestra e partitura, dal piano al forte, aumentando, diminuendo, smorzando, facendo emergere i singoli suoni, con una direzione appropriata e didascalica che conosce momenti di impeto senza prevaricare e coprire le voci.
Sondra Radvanosky è espressiva e vibrante, la voce grande e sicura copre tutta la gamma di una tessitura particolarmente ardita dal grave al sovracuto. Una Elena forte e sprezzante che diviene poi creatura angelicata dai pianissimi eterei e suggestive colorature.
Francisco Casanova è penalizzato da una goffa presenza, ma la voce robusta in parte supplisce e l’ardente fraseggio restituisce lo slancio e la baldanza di Arrigo.
Voce morbida ed estesa per Franco Vassallo, un Monforte che s’impone per sfumature e bellezza di timbro, risultando la figura più interessante e “verdiana” dell’opera, il tiranno protervo e triste che vorrebbe amare ma non ci riesce.
Orlin Anasstassov ha forte portamento e capacità di fraseggio ed il suo Procida, cospiratore irriducibile e diabolico, risulta incisivo sia nella sua grande aria che nei pezzi d’insieme. La voce è profonda e risonante nella zona grave e regge gli slanci verso settori più acuti.
Buoni i comprimari, in particolare Paolo Maria Orecchia (Roberto) e Carlo Bosi (Danieli). Fra gli altri Raffaella Ambrosiani (Ninetta), Cesare Lana (Bethune), Carlo di Cristoforo (Vaudemont).
Da segnalare per l’impegno e l’ottimo risultato raggiunto il coro, partecipe e affiatato.
Il pubblico della prima, piacevolmente “internazionale” e favorevolmente colpito dall’opera, ha seguito con attenzione il lungo spettacolo tributando applausi a tutti ed in particolare alla Radvanosky.
Visto a Genova, teatro Carlo Felice, il 19.10.07
Ilaria Bellini
Visto il
al
Carlo Felice
di Genova
(GE)