Lirica
I VESPRI SICILIANI

"I vespri siciliani" di Emma Dante, da Palermo a Bologna con qualche cambiamento

I vespri siciliani
I vespri siciliani © Andrea Ranzi

Dopo aver inaugurato a gennaio la stagione 2022 del Teatro Massimo di Palermo, I vespri siciliani approdano ora al Comunale Nouveau di Bologna. Sempre con la drammaturgia di Emma Dante, ma con qualche modifica. L'idea di base, una rivisitazione dell'opera verdiana per il trentennale della strage di Capaci, rileggendo i moti del 1282 come un'odierna, auspicabile rivolta contro le violenze mafiose.

GLI SPETTACOLI
IN SCENA IN ITALIA


L'equivalenza dominazione angioina/crimine organizzato è subito ravvisabile dai variopinti gonfaloni con le foto di vittime di mafia, Falcone e Borsellino in primis. Restano gradini e statue della fontana palermitana di Piazza Pretoria - la cui recinzione in ghisa diviene il carcere - collocati in scena da Carmine Maringola. Restano i costumi disegnati da Vanessa Sannino: sgargianti e volgari per i francesi, cupi e luttuosi per i palermitani, coppole in testa e scialli sulle spalle. 

Restano le citazioni folkloristiche, quali i pupi siciliani che disturbano non poco la Sinfonia; e le ceramiche di Caltagirone, gli “stigghiolari” di strada, la Santuzza portata in processione. Però sono spariti i cumuli di spazzatura che sommergevano prima la città; e lo scafo che riporta a casa Giovanni da Procida non si chiama più Rosalia, come la patrona di Palermo; ma Provvidenza, come la barca de I Malavoglia.

Dall'Opéra di Parigi al Regio di Parma

E spariscono pure i balletti delle Stagioni, già distribuiti da Emma Dante in quattro atti: perché da Les vêpres siciliennes di Parigi, magniloquente grand-opéra messo in scena al Massimo un anno fa (lo potete rivedere sul portale Arte), qui siamo di fronte ai più casti Vespri accomodati all'italiana per Parma.

Comunque sia, l'impianto drammaturgico concepito dalla regista siciliana non solo manca di sincera teatralità, ma rimane prevaricante sulla partitura verdiana, sino a travisarla e soffocarla. E nell'insieme ci pare fuorviante, greve e tedioso, con tante cose fuori posto. 

Vedi la caricata ferocia degli oppressori, i cartelli delle vie degli agguati mafiosi, l'orrendo ballo tutti in lamè dorato, i bidoni di acido, i francesi raffigurati alla fine come tonni guizzanti nella rete. Una pletora d'idee raffazzonate, con scarsa attenzione alla singola recitazione ed alla coesione generale Per dirla in breve, uno spettacolo di desolante bruttezza.

Riccardo Zanellato

Una concertazione di classe, però

L'opera è di arduo allestimento, la si incontra di rado: a Bologna mancava dal 1986, memorabile edizione Chailly/Ronconi. Per buona sorte, sia la gestione musicale di Oksana Lyniv, sia la prova dell'Orchestra del TCBO sono parimenti positive 

La concertazione della direttrice ucraina - analitica, leggera e trasparente al tempo stesso - appare ben articolata in tempi e fraseggi, molto attenta alle sfumature orchestrali – qui presenti più che altrove – savia nella scelta delle dinamiche. E con un'ampiezza di linee che nobilita sia lo strumentale che il canto. Anche se talora fatica a tenere in riga – vedremo poi perché – tre interpreti in balia degli eventi.

Per logiche necessità musicali, l'ottimo Coro del Comunale, preparato da Gea Garatti Ansini, è supportato anche da buoni elementi del Coro del Regio di Parma.

Roberta Mantegna

Ahi, ahi, la compagnia...

Neppure la compagnia allineata sul palco del Noveau nell'insieme suscita grandi entusiasmi. Scomparso dagli schermi il previsto John Osborn, Arrigo è reso con pochezza di sfumature, in una continua affannata rincorsa, da Stefano Secco. Interprete scialbo ed a palese disagio in una parte tecnicamente impervia, ed oscillante fra abbandoni liricizzanti e focosi slanci drammatici. 

Figura ardua pure quella di Monforte: personaggio basilare e monolitico, reso con piattezza psicologica e sbrigativa superficialità vocale da Franco Vassallo. Il primo duetto tra padre e figlio, ahinoi, è un'esasperante gara a chi grida di più. 

Pure Roberta Mantegna manca il bersaglio, e consegna un'incolore ed impersonale Elena, ruolo forse più grande lei. Di certo, fra i più problematici della produzione verdiana, poiché da svettanti acuti scende a note contraltili. Fa ben sperare all'inizio con una discreta «In alto mare», ma poi procede un po' inerte, con acuti tendenti alla fissità e una linea vocale declamatoria e altisonante.


Meno male che infine entra in scena Roberto Zanellato, e ci tira su il morale. Perché il suo Procida, per valenza scenica e per robustezza d'impianto, nobiltà di fraseggio e morbida pastosità – doti da vecchia scuola –  appare l'unica consolante certezza della serata.

Nei ruoli di contorno troviamo Gabriele Sagona (Bethune), Ugo Guagliardo (Vaudemont), Carlotta Vichi (Ninetta), Francesco Pittari (Danieli), Manuel Pierattelli (Tebaldo), Alessio Verna (Roberto), Vasyl Solodky (Manfredo).

I numerosi attori e figuranti che affollano – e affliggono - l'opera provengono i primi, dalla Compagnia Sud Costa Occidentale; i secondi, dalla Scuola di Teatro di Bologna “Galante Garrone”. I loro movimenti scenici sono curati da Sandro Maria Campagna. Il secondo cast prevede nei ruoli principali James Lee, Gustavo Castillo, Sara Cortolezzis e Fabrizio Beggi.
 

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Visto il 19-04-2023
al Comunale Nouveau di Bologna (BO)