Milano, teatro alla Scala,“Idomeneo” di Wolfgang Amadeus Mozart
IDOMENEO CINEREO E TRAGICO
Il soggetto di Idomeneo, come pure la forma dell’opera seria, furono“ imposti“ a Mozart, che aveva ricevuto l’ordine di scrivere un’opera dalla corte di Monaco in occasione del Carnevale, ma vi mise tale foga e passione che, grazie alla musica viva ed esuberante, le situazioni piuttosto convenzionali del libretto e un genere dalla struttura rigida ormai in declino acquistarono una profondità inaspettata. Idomeneo ha un gusto più moderno rispetto all’opera seria all’italiana ed è ricca di idee e contrasti che preludono, per ricchezza d’immaginazione musicale e ricerca di maggiore concisione e continuità drammatica, ai capolavori successivi.
L’Idomeneo di Luc Bondy, spettacolo inaugurale della stagione alla Scala 2005-2006, è stato ripreso all’Opéra di Parigi due volte (dove peraltro è in cartellone anche quest’anno); nel frattempo qualcosa è stato rivisto e perfezionato e lo spettacolo di nuovo in scena a Milano ha guadagnato maggiore coerenza ed efficacia anche se, mantenendo l’impostazione da tragedia classica e austera, quasi raciniana, non traduce tutti i chiaroscuri e le variazioni di ritmo presenti nell’opera.
Luc Bondy adotta un’ambientazione indefinita e vagamente contemporanea che si potrebbe adattare a contesti storico –geografici diversi accomunati dal tema dello scontro e convivenza di etnie diverse. I due popoli sono diversamente caratterizzati: i troiani in abiti chiari, a piedi nudi, con le coperte sulle spalle per suggerire il disagio dell’esule e del vinto, i greci vestiti di nero, per esprimere una mediterraneità atavica e arcaica, ma entrambi vittime di un lutto e soggetti al capriccio divino.
La scena di Erich Wonder, una spiaggia desolata attraversata da lingue di roccia bianca, è marcata dalla presenza del mare, un fondale dipinto che ritrae onde schiumose che si frangono all’orizzonte, marina minacciosa o calma a seconda delle luci, dai vortici terribili e mugghianti, o malinconico sfondo contro cui si stagliano delicate figure di donne e bambini.
Lo spettacolo misurato ed essenziale sfrutta abilmente variazioni di luce e di fumo (davvero notevoli le luci di Dominique Bruguière che, di fatto, creano lo spettacolo) per rafforzare il senso di tragedia infondendo forte inquietudine, particolarmente efficaci le luci di taglio che colpiscono come sferzate il coro dal movimento convulso e spiraliforme mentre invoca disperato la pietà divina.
All’inizio del terzo atto la spiaggia appare devastata da uno tsunami, disseminata di rifiuti e cadaveri, con le madri che portano in braccio come agnelli sacrificali i figli esanimi; nella livida penombra si vedono solo gli esiti della catastrofe, ma non il “mostro”, o il Male, lasciando spazio a diverse interpretazioni. Anche i brevi momenti di felicità sono illusori: Ilia scrive lettere d’amore su fogli che volano via confondendosi fra i rifiuti e l’abbraccio finale fra Ilia ed Idamante, introdotto da un sinistro colpo di tuono e illuminato di una luce fredda e folgorante, dura solo un istante, annegando l’happy end nel buio.
Richard Croft, con voce chiara e duttile, privilegia l’aspetto umano e dolente di Idomeneo, qui smarrito e assorto, privo di autorità regale. Stile e colorature sono eccellenti, ma la rabbia e il disperato conflitto interiore fra l’essere padre e sovrano al tempo stesso richiederebbero maggiore ampiezza e varietà timbrica. Molto intensa l’Ilia di Patrizia Ciofi che, con il volto scavato e movimenti delicati, restituisce tutta la fragilità della principessa troiana, donando poesia a ogni gesto, anche nell’atto di legarsi il piede: intelligente ed elegante anche dal punto di vista musicale,dona ad ogni frase e parola il giusto accento. Carmela Remigio con un’ esecuzione chiaroscurata ed espressiva regala sprazzi di carnosa sensualità al personaggio di Elettra, di cui restituisce anche il furore infernale con gestualità tragica e un impeccabile canto di sbalzo. Laura Polverelli è un Idamante malinconico, un po’ trattenuto e introverso, dal timbro gradevole e brunito e agilità ben risolte. Nei ruoli minori si distingue il Gran Sacerdote di Carlo Bosi, corretto l’Arbace di Tomislav Muzek; fra gli altri ricordiamo Ernesto Panariello (la Voce), Silvia Mapelli (Primo Cretese) e Marzia Castellani (Secondo Cretese).
In sintonia con la tinta uniforme e cupa della regia, Myung-Whun Chung privilegia dolorosa grazia, indugi lirici e rarefatta mestizia piuttosto che eroismo luminoso e vibrante chiaroscuro. L’orchestra dalle sonorità talvolta attutite non prevarica le voci, ma le sostiene, modellandosi con equilibrio sul canto scolpito. Ottimo e sensibile il coro preparato da Bruno Casoni, in particolare nel “Placido è il mar” lento e soffuso.
Un pubblico poco partecipe nel corso dell’opera ha concesso solo alla fine meritati applausi al direttore e a tutti gli interpreti.
Visto a Milano, teatro alla Scala, il 21 ottobre 2009
Ilaria Bellini
Visto il
al
Teatro Alla Scala
di Milano
(MI)