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IFIGENIA / ORESTE

"Ifigenia e Oreste": la tragica umanità di Euripide, tra potere e famiglia

Ifigenia e Oreste
Ifigenia e Oreste

Valerio Binasco dirige Ifigenia e Oreste, due tragedie che, partendo da Euripide, compiono un’interessante indagine sul dolore, sulla solitudine della famiglia e sulle sue responsabilità quale istituzione sociale.

Indagare il repertorio classico attualizzandone i temi è ormai diventata la cifra stilistica del Binasco regista, ma in questo caso la scelta consapevole di affrontare il tema del dolore senza considerare la componente religiosa consente di comprendere meglio i sentimenti umani che muovono le azioni dei personaggi, rendendo, però, le due tragedie contemporanee quasi all’eccesso.

 


Entrambi gli spettacoli possono considerarsi semplici, ma “estremi” dal punto di vista scenografico (è questa è cosa buona): viene eliminato il coro dalla scena e gli spettatori assistono, sugli spalti posti ai lati del palcoscenico, alle azioni dei personaggi, che si muovono come sulla passerella di una sfilata di moda, indossando abiti rigorosamente contemporanei.

Agamennone, preda della sua ambizione

Valerio Binasco interpreta Agamennone nella prima tragedia: un uomo tormentato, preda della sua ambizione, la persona sbagliata nel posto sbagliato, incapace di gestire il potere che si è ritrovato tra le mani. Insomma, una “banderuola”, come lo definisce il fratello Menelao (Jurij Ferrini). 


Il suo tormento è estremo, ma lo rende comunque impassibile di fronte alle suppliche dell’amata figlia Ifigenia (Giordana Faggiano); lo spettatore percepisce questa profonda incapacità di agire (che sarebbe troppo riduttivo definire “senso di colpa”), tutte le volte che incrocia il suo sguardo, poiché, per gran parte dello spettacolo, l’attore percorre nervosamente avanti e indietro con una traiettoria fissa) lo spazio scenico.


Arianna Scommegna è una vibrante Clitemnestra, toccante nel ruolo di una moglie e madre ingannata, che rifiuta, ma poi è costretta ad arrendersi al sacrificio della figlia. E Giovanni Calcagno porta in maniera esemplare sul palcoscenico la proverbiale “ira funesta del Pelìde Achille” (anch’egli eroe ingannato) per cui tutti lo ricordano.

Un sacrificio necessario?

L’unica a comprendere la necessità del sacrificio, sublimandolo in amor di patria, è proprio Ifigenia: Giordana Faggiano incarna con convincente candore e determinazione il repentino cambiamento di atteggiamento (già presente nei versi di Euripide), da “cocca di papà spaventata” a donna che sceglie consapevolmente di morire per un fine superiore. 


E anche per questo appare suggestiva, ma opinabile, la scelta di mostrare al pubblico una cruda versione del sacrificio di Ifigenia, con l’irrompere in scena di un'auto elettrica giapponese, dentro al cui bagagliaio viene sistemato il cadavere della sventurata. E, in seguito, inviare comunque un Messaggero a Clitemnestra, ad annunciarle che Ifigenia non è stata uccisa, ma la dea Artemide l’ha trasformata in una cerva.

Oreste e l’inutile strage

Non si può raccontare Oreste omettendo di specificare che, nella tragedia precedente, era un bambino spensierato (interpretato dal piccolo Matteo Leverano), suo malgrado coinvolto in un dramma familiare del quale comprendeva ben poco.


Il trauma del sacrificio di Ifigenia, mai superato da Oreste e dalla sorella Elettra (ancora Giordana Faggiano, in un’ulteriore, incisiva  interpretazione), riemerge prepotentemente, sfociando nell’assassinio della madre Clitemnestra e del suo amante Egisto.

L’interpretazione di Giovanni Drago incarna alla perfezione lo stato d’animo e le caratteristiche di un giovane matricida contemporaneo: bipolare, probabilmente imbottito di farmaci perché perseguitato dalle Erinni (ovvero preda di allucinazioni), il suo corpo ben fatto ma sciupato dalle sue colpe, sembra cedere volentieri alle crisi epilettiche. 


Ma si intuisce subito che a scatenare la volontà del delitto non sono semplicemente vendetta, ribellione oppure un transfert: Oreste, Elettra e Pilade (Giovanni Anzaldo) rappresentano una generazione perduta, vittime (consapevoli) di una spirale di violenza che li spinge a compiere una strage totale (Binasco non risparmia neanche Ermione, la figlia di Elena e Menelao) e inutile.

Interessante, infine, la doppia interpretazione di Menelao: nel primo spettacolo Jurij Ferrini rappresenta la bellicosa voce dei soldati in attesa di partire per la guerra; nel successivo, Nicola Pannelli è un Menelao assorto e pacato, che però fuma nervosamente facendo avanti e indietro per tutto lo spazio scenico.

Visto il 28-05-2022
al Fonderie Limone di Moncalieri (TO)