Prosa
IL BACIO DELLA DONNA RAGNO

Valentin e Molina sono rinchi…

Valentin e Molina sono rinchi…
Valentin e Molina sono rinchiusi in un carcere. Il primo prigioniero politico, l’altro arrestato per motivi “morali”, essendo un transessuale, e, pertanto, altrettanto disturbante per un regime politico come quello dittatoriale. Ma dalle mura spesse della loro prigione essi escono grazie alla forza della fantasia, che Molina scatena in lunghi e dettagliati racconti che egli attinge da b-movie di cui è ghiotto fruitore. La fantasia aiuta Molina a superare lo squallore del carcere, con cui stride il glamour dei suoi idoli e delle sue vesti, ed a Valentin il dolore e la mortificazione inflittigli da torture e reclusione. Fra i due la diffidenza iniziale diventa complicità e poi qualcosa di più, fino alla catartica morte di entrambi, ognuno avvicinatosi al mondo dell’altro, pur nell’affermazione del proprio io. Il bellissimo romanzo di Puig ritorna sulle scene ancora una volta grazie alla volontà del regista Arnolfo Petri che con appassionata fedeltà a questo che è uno dei suoi progetti più impegnativi, disegna in maniera onirica e visionaria il percorso dei due personaggi. Petri si conferma come un Molina elegante ironico, a tratti quasi cattivo, che dal disincantato iniziale cinismo si riscatta con lo stoico sacrificio in nome di un amore per una volta tanto vissuto e non narrato. Al suo fianco Masssimiliano Rossi, per la prima volta nel ruolo di Valentin, gli offre il giusto contraltare di fisicità e pulsione animale, ed il suo tono diretto si fa a volte sommesso, altre addirittura volgare e violento sempre supportato da un sapiente gioco di sguardi che sovente si vestono di eloquente espressività. Pur misurata appare infine di grande impatto scenico la partecipazione di Marina Billwiller, la donna ragno di cui racconta Molina, simbolo di un’identità irrisolta, come quella dei due protagonisti Una regia matura porta lo spettacolo ad uno stato di grazia che probabilmente lo eleva come la migliore versione fra quante lo stesso regista ci ha regalato in questo cinque anni di continui lavori di cesello con i quali ha fissato questo che possiamo definirlo il suo spettacolo-manifesto, sintetizzato nell’emozionante ed intenso finale in cui lo sfaldamento dei muri della galera dei condizionamenti e pregiudizi, lascia una speranza a favore della fine delle barriere architettoniche della coscienza umana.
Visto il
al Il Primo di Napoli (NA)