Un piano, un leggio, luci soffuse ed alcuni tavolini vestono d’eleganza e toni d’epoque la sala del Ridotto del Mercadante e gli donano l’atmosfera raccolta e vellutata di un vero caffè letterario. E’ in questa rilassante cornice che ha inizio, con il racconto “Il ballo”, la rassegna di letture dedicata alle opere della scrittrice francofona di origini ucraine, Irène Némirovsky.
A condurci tra le splendide pagine di questa autrice, che la morte nei lager nazisti aveva condotto all’oblio fino alla pubblicazione nel 2004 del romanzo inedito - best-seller - "Suite francese", è Sara Bertelà accompagnata al piano da Paolo Coletta.
Il racconto narra della giovane Antoinette Kampf, adolescente con un rapporto difficile con una madre affamata di riscatto sociale ed un spregiudicato padre assente dall’universo familiare e concentrato esclusivamente sul lavoro. Nel contesto di una famiglia, di umilissime origini, che ha trovato un’immensa fortuna economica per la spregiudicatezza negli affari del signor Kampf, il ballo, così come per le debuttanti nella migliore tradizione delle famiglie blasonate, diviene il momento prescelto per ricevere il definitivo benvenuto nell'alta società parigina. Ma questo momento di riscatto non è destinato alla giovane Antoinette che verrà relegata, per l’attesa serata, nello sgabuzzino. La rabbia e l’ardente desiderio di vivere conducono la giovane a gettare nella Senna tutti gli inviti, vendicandosi in questo modo dell’avidità della madre e della rozzezza del padre. La sera del ballo non si presenterà alcuno al di fuori di una vecchia cugina, unico invito salvatosi, e lo sconcerto dei due padroni di casa che, non potendo indagare sulle ragioni di questa diserzione in massa da parte di persone di cui non conoscono riti e costumi, li porterà a congetture sulle cause dello smacco dando così libero sfogo alla loro gretta natura.
Oltre alla fruibilità ed al piacere di una’ottima scrittura la Némirovsky sa con slancio ed eleganza tracciare, precorrendo di circa cinquant’anni la storia, alcune delle peculiari aberrazioni della società contemporanea. L’arrivismo, l’arroganza e la spietata indifferenza per gli altri, caratteristiche indissolubili dell’ “essere arrivati”, sopratutto economicamente, ad uno status sociale alto potrebbe rappresentare una pregevole copertina per l’album dei ricordi dell’italietta degli ultimi trent’anni. Il conflitto d’incomprensione genitore/figlio generato dalla perdita da parte dei genitori stessi del ruolo di guida e sprone ad affrontare la vita con dignità e correttezza è soppiantato da un’edonismo spregiudicato che li pone in contrapposizione diretta con la vera giovinezza, quella dei figli, che vagano disorientati tra un blando senso di pietà, la stessa che prova nel finale Antoiette per la madre in lacrime, ed un accondiscendente accettazione di un grottesco modello di vita.
L’interpretazione di Sara Bertelà, forse un po’ troppo dinamica sul principio, diviene giustamente carica e piena delle opportune coloriture anche nella caratterizzazione delle voci.
L’esecuzione dal vivo di Paolo Coletta arricchisce con sapienza il mondo emotivo, fervido d’immaginazione e candido di ardore adolescenziale, della protagonista contrapponendo allo stesso tempo melodie sincopate per descrivere la grettezza di alcune delle figure narrate.