Lirica
IL BARBIERE DI SIVIGLIA

Barbiere fra ironia e tradizione

Barbiere fra ironia e tradizione

Il Barbiere è forse l'opera che nell'immaginario collettivo costituisce il fondamento della fama di Rossini; certamente è un capolavoro ineguagliato, ricco di soluzioni geniali, una struttura estremamente complessa, che si distingue però per la straordinaria unitarietà: un perfetto ingranaggio in cui musica e teatro quasi si fondono. Una ricetta questa che, unitamente a una buona dose di umorismo ancor oggi incisivo, assicura il successo di ogni rappresentazione.
L'allestimento presentato a Venezia al teatro Malibran è quello ormai storico di Bepi Morassi con scene e costumi di Lauro Crisman. Il sipario si leva mostrandoci una piazzetta, a sinistra della quale si inerpica una stradicciola delimitata da un muretto, mentre a destra vi si affaccia una tipica casa sivigliana con il microscopico balcone totalmente chiuso da una grata alla maniera andalusa; sullo sfondo la sagoma rosa della città, al centro della quale spicca la Giralda, si staglia su un cielo blu cobalto.
L'interno della casa ci presenta, invece, il tipico studiolo-salotto borghese, con la tappezzeria rossa a righe gialle, i ritratti degli avi alle pareti dipinti alla moda settecentesca, un piccolo scrittoio, qualche sedia, due separé: sul fondo, dietro una piccola balaustra, domina la grande finestra bianca che, all'esterno, si affaccia sulla piazzetta.
Un allestimento tradizionale dunque, ma a suo modo efficace, nonostante qualche eccessiva indulgenza all'elemento macchiettistico che nel Barbiere è senz'altro richiesto, ma che qui, talvolta, pare limitato a strappare una facile risata. Ottime comunque le capacità recitative di tutto il cast che ha saputo destreggiarsi a meraviglia, e con naturalezza, all'interno di scelte di regia che richiedevano davvero un'effervescenza da attori consumati.
Nei panni di Figaro un Christian Senn deciso e ironico, dal timbro caldo e dalla linea di canto precisa e sicura. Splendida la Rosina di Manuela Custer che si mostra dotata di grande espressività e abilissima nel cambio di registro. Ad indossare le vesti del conte d'Almaviva Enrico Iviglia, il quale mostra di possedere in acuto un mezzo potente e ben calibrato, che si fa però un po' diafano nelle mezze voci. Molto buoni e vocalmente solidi anche il don Bartolo di Elia Fabbian e il don Basilio di  Mirco Palazzi. Una menzione particolare alla frizzante Berta, dal carattere un po' esibizionista, di Giovanna Donadini che ha eseguito la propria aria con sapienza ed eleganza, mostrando di saper ben dosare la voce. Con loro il Fiorello di William Corrò e l'ufficiale di Massimiliano Liva.
Andrea Battistoni dirige con piglio deciso l'orchestra del teatro La Fenice, strappando già al termine dell'ouverture applausi scroscianti da parte di un pubblico entusiasta. I tempi sono serrati, l'esecuzione rigorosa ma non scontata, tutto è pervaso da grande energia, ma non mancano momenti di delicato lirismo. Molto buona anche la prestazione del coro.
Teatro pieno, grande successo di pubblico che durante lo spettacolo si è abbandonato anche a frequenti risate.

Visto il
al Malibran di Venezia (VE)