Lirica
IL BARBIERE DI SIVIGLIA

Di tutto, di più: un “Barbiere di Siviglia” un po' frenetico stravolge la scena

Il barbiere di Siviglia
Il barbiere di Siviglia © Michele Crosera

Rossini al Carnevale a Rio? Non proprio. Però vedere ne Il barbiere di Siviglia in scena al Teatro Comunale di Treviso una sfilata di ballerini da escolas de samba, con spreco di iperbolici costumi da flamenco d'ogni colore, richiama senza volere la favolosa manifestazione carioca. In effetti, l'intera mise en scéne di Paolo Giani Cei – ogni cosa porta la sua firma, regia, scenografia, luci, abiti e coreografie – è all'insegna della sovrabbondanza, stravolgendo non poco il plot del capolavoro rossiniano. 


E se qualche trovata può dirsi riuscita, come aver sostituito l'untuoso allievo di Don Basilio con una scoppiettante Doña Alonso (è Almaviva en travesti, fasciato di giallo e ventaglio svolazzante, morbinosa drag queen) altre cose lo sono assai meno, come l'aprire l'opera con un affollato ballo in cui i suonatori non suonano, ma danzano con le loro dame. Brutto avviso, di qui le coreografie straborderanno a destra e manca.

Dave Monaco e Nicolai Zemlianskikh

Rossini fra musical e rivista di varietà

C'è pure un'invasione di grandi rasoi che scende dal cielo, ed una immensa tazza di schiuma da barba, affollata da giovani bagnanti: due indizi messi per chi non avesse ben compreso il mestiere di Figaro.

A farla breve, troviamo uno spettacolo ipertrofico, con sin troppa carne al fuoco; e con buona pace del fine humour profuso da Sterbini e Rossini, anche a qualcosa che assomiglia un po' al musical, un po' al teatro di rivista d'un tempo. Spettacoli chiassosi e scombinati, dove l'occhio è appagato anche dal vorticoso cambio di vestiti. Quanto alla carrozza in cui Rosina e Almaviva partono per la luna di miele, è recuperata pari pari dalla Cenerentola rossiniana che Giani Cei propose al Verdi di Padova nel 2018.

Annalisa Stroppa

Torna in campo un mezzosoprano di raro valore

Era quella una bella Cenerentola che, fra l'altro, aveva quale protagonista il mezzosoprano Annalisa Stroppa. Brava allora, ammirevole pure adesso, s'impone alla nostra attenzione con una scintillante Rosina, e per una voce dalla patina piacevolmente brunita, con belle screziature di colore; oltre che sorretta da un melodiare intelligente e ben accentato, che risolve senza difficoltà tutte le agilità del pentagramma rossiniano. 

Il baritono russo Nicolai Zemilianskikh padroneggia Figaro con sciolta condotta scenica e discreta musicalità; la voce però è tendente al chiaro, quasi tenorile, e non possiede di suo molto peso. E poi non risaltano a dovere l'arguzia maliziosa ed il brio leggero, doti proprie del personaggio intrigante e sfacciato.

Un Barbiere con il suo bel rondò finale

Dave Monaco fraseggia con garbo il suo Almaviva, conferendogli una bella connotazione giovanile ed ardente, con esuberanza di timbri e buoni colori. Disinvolto nel piccante episodio che lo vede irretire con non voluta malizia un infoiato Bartolo; pieno d'energia nel rondò finale «Cessa più di resistere» - aria funambolica solitamente purtroppo tagliata - che gli offre l'occasione di esibirsi in efficaci colorature. 

Daniel Giulianini porta in scena un Don Bartolo dal vocione tonante, irruente e caciaroso, decisamente sopra le righe; ma resta l'impressione è che dietro ci siano suggerimenti della regia. Il basso romeno Leonard Bernad è un considerevole Basilio; la figura di Berta l'interpreta con la solita finezza Daniela Mazzuccato; ma la bella voce d'un tempo è solo un ricordo. Il baritono costaricano William Hernndez rende buon servizio al suo Fiorello.

Un direttore fine belcantista

In buca troviamo l'Orchestra di Padova e del Veneto, sul podio Giuliano Carella, grande esperto del repertorio rossiniano e di quello belcantista in genere, che si lancia in una concertazione briosa e trasparente, ricca di colori e di dettagli, tenuta sempre saviamente sull'onda della massima leggerezza grazie anche al carattere quasi 'cameristico' della compagine veneta. 

Che poi, a ben vedere, è proprio Carella ad aver ricevuto nel 2020 l'eredità de I Solisti Veneti da quel Claudio Scimone, che della Rossini renaissence degli anni '80-'90 del secolo scorso è stato uno dei protagonisti.

Il Coro Lirico Veneto preparato da Giuliano Fracasso assolve correttamente i suoi interventi; le numerose coreografie sono affidate ai solisti del Padova Dance Project diretto da Gabriella Furlan Malvezzi.
 

Visto il 08-12-2023
al Comunale Mario del Monaco di Treviso (TV)