Lirica
IL BARBIERE DI SIVIGLIA

Il Barbiere delle voci

Il Barbiere delle voci

Quarant'anni. Ma non li dimostra. Tanti ne ha lo storico allestimento del Barbiere scaligero di Ponnelle, che debuttò nel dicembre 1969 (dopo la prima, due recite furono sospese in segno di lutto per l'attentato di piazza Fontana) ed è stato ripreso più volte fino al 2006 agli Arcimboldi. Uno spettacolo che ha mantenuto inalterate le sue peculiarità nei decenni e che non può e non deve essere “parcheggiato” nei magazzini del teatro.

Jean-Pierre Ponnelle fu autore anche di scene e costumi. La messinscena è dichiaratamente teatrale, con il palcoscenico “foderato” di teli dipinti con cieli corruschi e tramonti velati. La scenografia riprende una Siviglia ideale ma non troppo: una piazzetta raccolta con una fontanella, vicoli con archi e scale, casette bianche a due piani con le finestre chiuse da grate. Un ambiente urbano popolato da bambini e adulti, suore e preti, vedove, servitori e commercianti. Ancora oggi, nonostante la tecnologia ci abbia mostrato meraviglie (Fura docet), il ruotare della scena desta stupore nel pubblico: prima svela la bottega di Figaro, poi la casa di Bartolo, bellissima e caratterizzata da diverse stanze, su due piani raccordati da ballatoio e scala. La scenografia, seppure imponente nella sua interezza, è, nei dettagli, piccola per i protagonisti, per cui è molto efficace questo senso di “enormità” (fuori misura) dei personaggi, evidente soprattutto quando Rosina si affaccia alla finestra o quando si attraversano le porte.
I costumi declinano colori di terra inondati di luce mediterranea e situano l'azione nel passato ma con licenze (gli abiti al ginocchio di Rosina, che indossa sempre ballerine ai piedi).
Le luci completano il clima della storia in modo sapiente, valorizzando le scene e gli interpreti.
La regia, ripresa in modo mirabile da Lorenza Cantini, è misurata ed elegante, spinge sul divertimento, in particolare nel secondo atto (vertice durante il rondò), per cui si ride apertamente ma con garbo. Ponnelle sottolinea dettagli gustosi, dal soldato corrotto da Fiorello per chiudere un occhio sulla serenata, al vicino di casa che rovescia una secchiata d'acqua sull'orchestrina dopo la serenata. Il regista parte da elementi di scena quotidiani (lampade, sedia a dondolo, quadro con ritratto) per ricavarne vere e proprie gags. E in platea si ride a più non posso.

Michele Mariotti è stato chiamato a sostituire Jean-Christophe Spinosi alla guida dell'orchestra. La sua direzione è rispettosa dei tempi, serrati ma giusti, controlla i suoni e soprattutto sostiene le voci in questa edizione da ricordare per i cantanti. Mariotti cura gli strumenti solisti: in particolare è parsa superba la prova orchestrale nella Calunnia, quando calca sul ponticello evidenziando l'effetto grattato in modo assai funzionale per l'aria. Di livello la presenza del coro, preparato da Bruno Casoni. Da segnalare James Vaughan, ottimo maestro al fortepiano, che va oltre il mero accompagnamento, dando maggiore incisività anche ai momenti dove la regia dipana il plot nel silenzio orchestrale.

Il cast (stellare sulla carta) ha perfettamente compreso lo spettacolo e non solo ha mantenuto le premesse, ma le ha superate, scatenando l'entusiasmo del pubblico.
Juan Diego Flòrez, più volte ammirato nel ruolo del Conte, ha offerto una nuova ed emozionante interpretazione del personaggio. Il suo Almaviva è qui più maturo e consapevole, non un ragazzo alla “cotta” giovanile, ma un uomo di ricca interiorità che si innamora in modo pieno, un uomo inquieto ricco di sfaccettature. E questo comporta inevitabilmente una vena malinconica struggente: nella canzone con la chitarra il tenore imprime al canto sfumature mai udite e la sua dichiarazione diventa palpitante. E se la performance si apre con una “Se il mio nome saper voi bramate” ricca di venature scure e quasi disillusa, si chiude con una “Cessa di più resistere” emozionate nella pienezza del sentimento espresso. E la voce è quella di sempre, in forma splendida, usata in modo precisissimo e fantasioso come solo lui sa e può fare. Il suono è nitido e compatto, senza cadute; l'emissione, spontanea e naturalissima, assume toni gentili e delicati, dove risaltano il timbro pieno di luce ed il fraseggio perfetto
Joyce DiDonato gli risponde con armi pari e la sua Rosina è un vertice di canto e interpretazione. Il soprano propone una Rosina forte e determinata, una donna decisa alle prese con un amore inatteso e tuttavia fortissimo che la turba nell'anima e la convince razionalmente. Vocalmente la performance è di riferimento, in particolare per “Una voce poco fa”, le cui agilità splendide e sontuose hanno meritato applausi oceanici prolungati: le colorature, affrontate con capacità funamboliche, hanno fatto impazzire il pubblico. Ma anche è da riferire il brio con cui affronta il second'atto. Nel complesso una voce con registro grave corposo ma non materico (anzi aereo, leggerissimo), registro centrale pieno e vellutato, registro acuto solidissimo e a fuoco perfetto. Indimenticabile.

Vicino a loro non scompare il Figaro di Franco Vassallo, anzi il cantante tratteggia un personaggio riuscito e lontano da visti “giogioneggiamenti”, un Figaro che la regia mette come “motore” degli eventi ma sempre un poco in disparte, riservando la scena piena ai due innamorati.
Alessandro Corbelli è un Bartolo che cesella i versi, scolpendoli con musicalità, e appare particolarmente ironico nel sottolineare “ci vuol altro, figlia mia, per potermi corbellar” (nome omen); dal punto di vista recitativo è ottimale nel rendere un tutore burbero e pieno di fissazioni.
Alexander Tsymbalyuk è fisicamente molto alto e vocalmente molto tonante: l'ombra del suo Basilio si allunga nell'interno della casa nel momento dell'aria e cresce, cresce, come proprio la calunnia (sulla direzione di Mariotti nell'aria si è detto sopra).
Paolo Orecchia è un misurato Fiorello, Giovanna Donadini una spiritosa Berta, Ernesto Panariello un Ufficiale dalla voce imponente e Gilberto Fusi un rimbambito e divertente Ambrogio, nel finale commosso fino alle lacrime insieme a Berta per il lieto fine e l'amore trionfante.
Amore trionfante anche per Figaro, che corre via insieme alla fidanzata: poco manca alle Nozze di Figaro, dove quelle malinconie sottese al canto di questi Almaviva e Rosina diverranno evidenti.

Teatro esaurito, pubblico plaudente in modo assai generoso (meritatamente) durante la recita e alla fine. Certo è che il ministro Bondi dovrebbe frequentare assiduamente i teatri italiani d'opera: in occasioni come questo Barbiere scaligero ogni questione sui tagli verrebbe abbandonata all'istante.

Visto il
al Teatro Alla Scala di Milano (MI)