Ci sono spettacoli, a nostro avviso, destinati a diventare dei classici. Spettacoli che non invecchiano, e non stancheranno mai. Come questo Barbiere di Siviglia ideato da Pier Luigi Pizzi per il Rossini Opera Festival di due anni fa, con la collaborazione di Massimo Gasparon, riproposto al Teatro Rossini in questa sessione autunnale della rassegna pesarese. Tutta visibile in streaming, sul sito del ROF oppure su ItaliaFestival.tv.
E' la sua impronta generale, che richiama un '800 ancora vagamente neoclassico, luminoso e pulito, a conquistarti subito. Tanto nella scenografia, scandita in due ariosi blocchi a fronte uno dell'altro, pronti a riunirsi in un vano interno – la casa di Don Bartolo - che evoca nitide atmosfere palladiane, quanto nei costumi semplici ed eleganti, scanditi nei tre colori prediletti dall'artista milanese: bianco sopra di tutto, e poi nero e vermiglio.
Il tocco registico, poi, acquista da subito un andamento lineare e veloce, intriso di aggraziato, ammiccante humour; accuratissimo nei dettagli, vive anche di piccole, preziose annotazioni che rendono più ricco lo spettacolo senza strafare, né stravolgere il senso del libretto. Come la deliziosa macchietta di Ambrogio, tremebondo e pieno di tic.
Figaro, Rosina, Bartolo...
Entra in scena Figaro, con forza travolgente: è quella del giovane baritono ucraino Iurii Samoilov. Portato ad un impeto a tratti un po' indiavolato, lo si perdona perché è musicalissimo, scenicamente affascinante, prodigo nel dispensare una vocalità effervescente, estroversa, sfavillante, apparentemente senza limiti. Il mezzosoprano giapponese Aya Wakizono è una Rosina suadente, dalla padronanza dei mezzi eccellente, la cui voce – liquida e fluente - riluce di morbide e ricche sfumature. Le colorature sono tutte rese nitide, in grande scioltezza; ed in scena rivela buon spirito, buona comunicativa, la giusta dose di verve.
Carlo Lepore è un Bartolo sobrio e misurato, senza cachinni, così come ci piace che sia. In più risalta l'emissione solida, la buona linea di canto, il gusto, la fantasia, il guizzo ironico. Le stesse considerazioni valgono per il Basilio, calibrato e giocato tutto in punta di cesello, pieno di colori, che ci offre Michele Pertusi. Elena Zilio è adorabile nel tenero cameo di Berta; William Corrò impersona con agilità sia Fiorello, sia l'Ufficiale.
Ho lasciato apposta per ultimo Juan Francisco Gatell, attualmente uno dei migliori Almaviva possibili, come ci conferma questa sua performance pesarese. La personalità è spigliata ed aristocratica al punto giusto, l'emissione fluida, gli acuti squillanti, bello il timbro della voce, buona la resa delle mezze tinte, il fraseggio articolato ed espressivo, a tratti elettrizzante. Una prestazione che trova la sua apoteosi in “Cessa di più resistere” , l'estesa e pirotecnica aria conclusiva, sovente rimossa scarseggiando i talenti necessari a sostenerla. Qui sorretta, peraltro, da un'orchestra condotta in punta di bacchetta da Michele Spotti.
Un'attenta e sensibile direzione d'orchestra
Il giovane direttore lombardo, d'altronde, concerta con puntualità e scioltezza sin dalla rutilante Sinfonia, prosegue dritto su questa strada e ci risparmia – gratia dei – certi funesti tagli. Il barbiere di Siviglia lo conosce come le sue tasche, con OperaDomani lo ha diretto più di cento volte in mezza Italia. Ed è di casa, qui al ROF.
Organizza una assetto sonoro dal ritmo veloce, attento però a ben bilanciare i momenti comici con quelli sentimentali, dove serve una guida più meditata; cura il corretto contrappeso tra ritmi, colori e pesi sonori; ed accompagna con fine sensibilità e la necessaria vigilanza l'intreccio delle linee vocali. L'Orchestra Sinfonica G. Rossini suona abbastanza precisa; il Coro è del Teatro Ventidio Basso, curato da Giovanni Farina.