Lirica
IL BARBIERE DI SIVIGLIA

Le rose di Rosina

Le rose di Rosina

Non finisce di stupire questo Barbiere: un plauso all'Arena di Verona che recupera l'allestimento splendido e perfetto di Hugo De Ana, autore di regia, scene, costumi e luci, che punta al puro divertimento e ambienta la scena in un labirinto di siepi verdi, tortuosi percorsi d'amore su cui svettano rose alte come palme, rose gigantesche, voluttuose, odorose in modo stordente, sempre più sensuali man mano che la notte scende grazie a un abile gioco di luci (d'altronde nel libretto Rosina viene descritta da Almaviva come “un fior di bellezza”). Siepi e rose, accompagnate da enormi farfalle, che si stagliano sui gradini azzurrati dell'arena.
Ci si divertire, moltissimo; si ride di gusto senza mai scivolare nel banale, nel volgare, nella macchietta: basti pensare alla scena della lezione di musica. Le controscene sono animante da una pletora di mimi e comparse, artisti circensi e giocolieri: la regia è curatissima in infiniti dettagli sia per i protagonisti che per ogni singola persona presente sul palco.

I costumi sontuosi sono settecenteschi ma evitano rimandi alla Spagna di tradizione, come se quella Spagna, in fondo un luogo immaginario, fosse osservata dalla Francia di Beaumarchais oppure dall'Italia di Rossini (invece vicino all'Andalusia era l'allestimento di De Ana del 1997 dell'Opera di Roma). Le siepi semicircolari si muovono per creare gli spazi che il libretto vuole, rimanendo sempre su luoghi sostanzialmente astratti. Questo Barbiere, oltre che divertente e gradevole, è perfetto per gli spazi areniani (un'opera priva di elementi di spettacolarità che non sembrerebbe adatta al teatro all'aperto). E i fuochi d'artificio finali completano la festa, decretando lo stupore del pubblico, dopo il grande divertimento.
Piacevoli, garbati e ironici gli interventi coreografici di Leda Lojodice; mimi e ballerini riempiono lo spazio con movimenti anche circensi, ampi e visibili dalle alte gradinate. Durante l'ouverture i ballerini occupano il proscenio con movimenti meccanici, quasi statuine di carillon: i ventagli rossi e gialli diventano code, creste, armi. Come durante il temporale, gli ombrelli colorati che svettano sugli impermeabili trasparenti. Le coreografie richiamano la Spagna, il Settecento, il mondo circense, temi tutti toccati dalla regia.

Ottimo il cast. Antonino Siragusa è un Almaviva di riferimento: voce pulita, piena, intensa, tecnica perfetta, timbro luminoso; “Cessa di più resistere” viene eseguita con acuti squillanti. Dalibor Jenis è un Figaro dalla voce morbida, venata di brunite screziature, grande ma controllata e piegata alle esigenze di un canto che si fa, all'occorrenza, ironico e sentimentale. Spinosa la questione delle voci delle protagoniste rossiniane, cioè in questo caso quanto scuro debba essere il colore di Rosina; a nostro parere se non scuro, certo non chiarissimo deve essere: Aleksandra Kurzak è una Rosina sopranile, corretta nell'esecuzione seppure le agilità non paiono sfolgoranti e brillanti; si fa fatica a sentire i recitativi, per cui in alcuni momenti è parsa non abbastanza incisiva. Strepitoso il Bartolo di Bruno De Simone: grande intelligenza artistica per rendere un personaggio sfaccettato e non il generico buffo, molto divertente senza mai essere macchietta; bene anche sul fronte del canto, con il capolavoro nel fraseggio nella scena della barba (bravissimo quando canta saltando la corda che Rosina e Almaviva fanno girare); insomma un capolavoro di Don Bartolo. Affascinante il Basilio di Marco Vinco, dalla voce bella e bene usata, con le note tutte a fuoco e i versi scolpiti nella “Calunnia”: il fisico aitante si rivela funzionale per un personaggio infido e serpentino, che attrae ma tradisce. Berta di gran lusso è Francesca Franci, spassosa caratterista e perfetta cantante nella sua aria “Il vecchiotto cerca moglie” accolta dal pubblico con ovazioni. Con loro Dario Giorgelè (Fiorello e un assonnato Ambrogio) e Victor Garcia Sierra (un panciuto ufficiale).

Convincente la direzione senza spartito del giovane Andrea Battistoni, che mantiene tempi serrati nonostante le grandi masse in palcoscenico e la necessità che il meccanismo teatrale sia perfetto al secondo; il suono è curato, anche se i numeri dell'orchestra rossiniana faticano a raggiungere tutti gli spettatori dell'Arena. Puntuale il coro maschile.

Diversi posti vuoti, purtroppo, per uno spettacolo imperdibile, tra i più belli visti in Arena in questi ultimi anni e tra i più riusciti di De Ana. Pubblico giustamente entusiasta, moltissimi applausi.

Visto il
al Arena di Verona (VR)