Lirica
IL BARBIERE DI SIVIGLIA

Punta davvero in alto con que…

Punta davvero in alto con que…
Punta davvero in alto con questa produzione del Teatro San Carlo l’Arena Flegrea di Napoli, sguainando un cast di gran classe per offrire all’uditorio partenopeo un’edizione scintillante del Barbiere di Siviglia di Rossini; una rappresentazione concepita con intelligente sensibilità per il pubblico consistente e variegato del teatro estivo all’aperto. La semina culturale quando è perspicace funziona: quasi duemila persone − moltissimi giovani − hanno affollato la prima di questo spettacolo, a gustarsi un’opera datata 1816 in una messa in scena tradizionale; segno chiarissimo che è possibile, anzi doveroso − e neppure tanto difficile − attuare iniziative culturali autentiche per ampie quote di cittadinanza affamate di un’offerta teatrale e musicale di qualità. La scelta di rappresentazione privilegia, com’è giusto, il carattere brioso ed esilarante del testo; la scenografia razionale consente libertà di gesto e d’azione all’esuberante corpo scenico, rendendo facilmente leggibile, anche al pubblico meno avvezzo all’opera, la sequenza degli accadimenti che delineano l’intreccio, tipico del teatro del Settecento − la bella protagonista, il giovane pretendente, il vecchio spasimante che contrasta i giovani e soccombe nel finale − con espedienti e soluzioni drammaturgiche ad arricchire la trama di movimento e di comicità. La prima buona sorpresa la regala il giovane direttore Antonello Manacorda, autorevole spalla della Mahler Chamber Orchestra, da qualche tempo dedito anche alla conduzione. Con gesto preciso e scattante Manacorda guida l’orchestra a un rigore di suono e di finezza esecutiva ragguardevoli; e anche se il rinomato “crescendo” del pieno orchestrale resta un po’ sacrificato dall’acustica all’aperto, non sfuggono all’ascoltatore attento l’accuratezza delle scelte musicali e la padronanza della partitura. Il gusto di esecuzione punta a una lettura corale del testo musicale, sottraendo in parte ai solisti gli eccessi del protagonismo ottocentesco; scelta assecondata da una regia che non congela la scena durante le arie dei cantanti, ma in alcuni casi propone delle piccole controscene perfino nei momenti di massima individualità vocale. Splendido protagonista Roberto De Candia scivola con naturalezza nei panni di Figaro, rendendo con spigliata attorialità la verve comica del personaggio. Voce limpida di baritono, non troppo corposa sui registri più gravi, ma squillante e disinvolta sulla tessitura media, De Candia affronta con squisito gusto rossiniano la teatrale vocalità del Barbiere. Apprezzabile, ma non completamente a suo agio Laura Polverelli che, seppur dotata di gran temperamento e di gusto nel fraseggio, esegue una Rosina a cavallo fra la tessitura sopranile e quella del mezzo rossiniano, risultando alla fine non particolarmente convincente nella condotta vocale, compensata però da una seducente presenza scenica. Strepitosa invece la vocalità di Antonino Siragusa, smaliziato e irrequieto conte d’Almaviva, che strappa il più intenso applauso a scena aperta con la virtuosistica aria finale Cessa di più resistere, com’è noto una parte di micidiale agilità che nella prassi esecutiva viene spesso omessa, anche per non imbarazzare il tenore; e che qui giunge al culmine di una prestazione squisita, ad esaltare la soave purezza e la straordinaria tecnica del tenore siciliano. Vero capocomico della scena è Bruno Praticò, basso buffo di lunga esperienza con ragguardevole talento per i ruoli brillanti, che muove a ripetizione la risata del pubblico − a volte con intuizioni argute, altre con qualche espediente più facile, in ogni caso mantenendo viva la scena e schivando con l’esuberanza personale il manierismo polveroso delle esecuzioni più stereotipate. Apprezzabile il Don Basilio di Giovanni Furlanetto, voce scura ma non profondissima, che arricchisce l’interpretazione eseguendo una figura torbida e ieratica che ricorda teatralmente Tartufo. A completare il delizioso cast, buona prova per Caterina Di Tonna, una Berta appropriata e misurata, e per Salvatore Grigoli, valido interlocutore scenico e vocale nei panni di Fiorello. Funzionale ma meno entusiasmante ci è parsa la regia di Riccardo Canessa, troppo invisibile e discreta rispetto alle nitide personalità dei protagonisti, lasciati a lavorare quasi “a braccio” sulla spinta dell’attitudine individuale; la messa in scena risulta obbediente al dettato del libretto, pulita sotto l’aspetto della grammatica scenica – indubbio il pregio d’aver reso chiara l’azione anche a chi non frequenta l’opera – però nel complesso un po’ didascalica e convenzionale. Discutibile l’apporto di alcune trovate “facili” e quasi cabarettistiche – le battute giustapposte in dialetto, la storpiatura di alcune riprese musicali, il corteo di “vedette” durante l’aria di Berta – che puntano ad una risata sbrigativa e tuttavia estranea al testo, le cui occasioni di comicità vengono invece a volte trascurate. Pregevoli e suggestive le scenografie realizzate da Nicola Rubertelli sugli inconfondibili disegni di Lele Luzzati, ed esaltate da un intelligente disegno delle luci. Buona la prova del coro maschile, diretto dall’egregio Marco Ozbic. Napoli, Arena Flegrea - 7 luglio 2008
Visto il
al Arena Flegrea di Napoli (NA)