Lirica
IL BARBIERE DI SIVIGLIA

Un classico che non tramonta: il Barbiere di Siviglia nella rilettura di Bepi Morassi

Un classico che non tramonta: il Barbiere di Siviglia nella rilettura di Bepi Morassi

Ci sono allestimenti che pian piano divengono dei classici, e non stanca rivedere, come Il barbiere di Siviglia che Bepi Morassi creò nel 2002 a Padova con le maestranze veneziane in trasferta, portato poi al Malibran nel 2004 e dal 2011 più volte ripreso sul palco della Fenice. Intanto, resta fascinoso lo spazio pensato da Lauro Crisman: uno stravagante teatrino domestico avvolto da enormi tendaggi, che accoglie personaggi dai costumi fantasiosi e saturi di colori. Il pregio principale sta però nella fresca drammaturgia, mix d'una perfetta dose di humour, di spirito garbato ed irriverente, e di un ritmo sciolto e spedito, ma non esagerato: tutto quanto può stare in una regia ricca di tante trovatine maliziose e sorridenti. Pennellate che poi Morassi s'è preso la briga di arricchire e variare nel tempo, sì che ogni nuova ripresa ha qualcosa di diverso dalle altre.

Un cast indovinato come raramente capita
Affinché tutto in scena funzioni, però, servono interpreti disinvolti, convinti e musicalmente adeguati. Anche qui ci siamo. Domina il cast il Figaro spavaldo e giovanilissimo di Julian Kim: il baritono coreano mette in piedi e supporta un personaggio incontenibile per mezzo di una cantabilità spavalda e luminosa, e d'una presenza scenica irresistibile. La graziosa Chiara Amarù possiede senz'altro la taglia vocale giusta per la bella Rosina: piacevole timbro mezzosopranile, morbidezza di fraseggio, solido possesso di mezzi; né manca nella sua pupilla l'adeguata piccantezza di carattere. L'Almaviva di Giorgio Misseri parte in tono minore – la Serenata oscilla alquanto - ma poi acquista man mano una convincente dimensione vocale. Omar Montanari tratteggia un Bartolo d'altissimo livello - diciamo quasi da manuale - procedendo con spirito ammiccante, leggerezza di colori e robusta timbratura baritonale; né par da meno Carlo Lepore con un Basilio di potenza fluviale, quanto a voce, e pennellato con ben calibrato fraseggio. Giovanna Donadini disegna con la consueta, piacevole umoralità la sua Berta. Bene il Fiorello di William Corrò.

Direzione lucida ed intelligente
Leggerezza, fantasia, precisione: tre requisiti indispensabili per eseguire al meglio il capolavoro di Rossini. Li ritroviamo nella pulsante direzione di Alessandro De Marchi, intelligente interprete del repertorio di passaggio tra '700 e '800: trova perfetta intesa con l'Orchestra della Fenice, ed ottiene da essa notevole precisione e scorrevolezza. La sua visione conquista l'orecchio per morbidezza di fraseggio, per la ricchezza di sfumature timbriche, per le sottili increspature dinamiche e per i piacevoli chiaroscuri strumentali. E come concertatore, sa cucire addosso ai cantanti un sostegno musicale sempre pertinente, suggerendo una grande varietà di colori e lasciando loro pienezza di respiro.

Visto il 23-05-2017
al La Fenice di Venezia (VE)