Inutile negarlo, siamo tutti un po' Lelio e un poco di Lelio risiede in ognuno di noi. La bugia, infatti, è sì opportunismo, ma anche goliardia; è negazione della verità, ma anche rifiuto psicologico di prenderne atto; è causa di disordine sociale, ma sotto sotto indica anche un respingimento implicito di quei valori su cui l'ordine precostituito si fonda. Ed ecco che il povero Lelio, con tutti i suoi sotterfugi, ci risulta immediatamente simpatico la sua empatia ci conquista ed egli ci si presenta quasi come uno scanzonato sovvertitore di quel mondo borghese e della sua morale puramente di calcolo che la pièce ci presenta. La figura di Pantalone, maschera classica della commedia dell'arte che ha ormai perso la tradizionale caratterizzazione di vecchio ricco ed avaro per trasformarsi nella figura di un mercante 'onorato' capace di gestire al meglio i propri beni, risulta, invece, meno affine alla nostra sensibilità, al netto di quel riscatto finale che lo vede, quasi padre amorevole, prendersi ugualmente carico di quel figlio da lui considerato 'fallito'.
Il Goldoni che ci propone Valerio Binasco è frizzante, comico, ma anche tagliente e critico nei confronti di quella borghesia mercantile travolta da facili guadagni che ha ormai scordato il valore del lavoro, che punta ad una facile scalata sociale attraverso ipotetiche parentele con la vecchia nobiltà e che, ieri come oggi, detta le proprie regole di vita al mondo: un Goldoni dunque tremendamente contemporaneo che sotto una maschera comica veicola messaggi validi per ogni epoca storica. Straordinaria nel suo complesso tutta la Popular Shakespeare Kompany che sa deliziare il pubblico con una recitazione brillante, ma mai eccessiva e che caratterizza bene i propri personaggi, anche attraverso l'utilizzo per alcuni del dialetto o delle inflessioni regionali, pur senza mai declinare nel grottesco.
Maurizio Lastrico indossa i panni di un Lelio scanzonato, inadatto a vivere in una società conformista, inevitabilmente perdente di fronte alle convenzioni. Fabrizio Contri e Michele Di Mauro, nelle vesti rispettivamente del Dottore Balanzoni e di Pantalone, ben incarnano, invece, la voce di quel mondo che emargina, isolandoli, i Lelio di turno e che ha come ideali il buon nome di famiglia e il soldo. Fintamente ingenue, ma pronte a strapparsi a vicenda l'uomo senza esclusione di colpi, Colombina e Rosaura, interpretate da Maria Sofia Alleva e Deniz Özdōgan, rappresentano un universo femminile schiacciato da un maschilismo imperante, ma al contempo molto abile nel manipolare a proprio favore le circostanze, certamente più di quanto non lo siano i loro aspiranti fidanzati, l'inetto e perennemente agitato Florindo (Roberto Turchetta) e Ottavio (Andrea Di Casa)che millanta una gran consapevolezza di sé. A completare il quadro ciò che In Goldoni rimane delle antiche maschere: il super tatuato Arlecchino di Sergio Romano, da un lato ingenuo e lento nel ragionamento, ma dall'altro arguto rappresentante di una saggezza ancestrale che solo gli strati bassi della società possiedono e il generoso Brighella di Nicola Pannelli.
Spettacolo certamente consigliato: per una serata divertente non scevra da riflessioni più profonde.