Fabriano, teatro Gentile, “Il Bugiardo” di Carlo Goldoni
PERCHE’ MENTIRE A SE STESSI E AGLI ALTRI?
Chi è bugiardo? Chi è il bugiardo? Chi mente agli altri oppure chi mente a se stesso? E chi mente agli atri solo per farsi accettare? È anche lui un bugiardo? Oppure come qualificare chi colora la propria vita per riuscire ad accettarla, che altrimenti sarebbe inaccettabile? Esiste una verità oggettiva? Oppure l’unica verità è quella che fai crescere nella mente degli altri?
Il discorso implica l’accettazione di se stessi e la capacità di porsi in un contesto dialettico e di intescambio con la società ed i suoi componenti. La mancata accettazione di se stessi infatti impone un “aggiustamento” e, essendo un lato caratteriale o una dimensione della personalità difficili da modificare, resta molto più semplice creare una bugia, piccola o grande che essa sia, e continuare a raccontarla, ma con il rischio di finire per crederci davvero.
Goldoni, partendo da uno spunto divertente, tira in ballo conclusioni più profonde, ma ha evitato il lieto fine nella sua commedia, insistendo sul fatto che il bugiardo non può essere premiato dalla vita, anzi è ostracizzato, esiliato dalla società a cui tanto impudentemente ha mentito.
Un senso di leggerezza aleggia per tutto lo spettacolo diretto da Glauco Mauri, a cominciare dalla bella scena di Alessandro Camera. Il sipario si apre su un azzurro chiaro che avvolge tutto, Rosaura e Beatrice sono sospese su due altalene a notevole altezza e volteggiano, libere e allegre. Ci pensa poi Lelio (e la sua dichiarazione di amore) a riportarle con i piedi per terra. E la teoria di bugie ha inizio. Lelio mente a tutti, Lelio mente su tutto, è più forte di lui e il suo è un vero talento, una forza della natura. Sullo sfondo di nuvole stile Boucher (una cascata di nuvole è anche sul pavimento del palco), Lelio inventa, inventa, inventa, aggrovigliandosi sempre e sempre di più nelle sue bugie. Domina il senso di leggerezza e di etereo: quattro mongolfiere luminose scendono dall’alto, agganciano il tappeto di nuvole e lo sollevano, rivelando a rovescio un soffitto dipinto che intende un interno di abitazione veneziana.
Geniale è l’invenzione delle macchinette a tre ruote con cui entrano ed escono alcuni personaggi: oggetti ibridi assemblati con ruote di bighe, polene di gondole, sedie dorate e altro, oggetti così fantasiosi e deliziosi da essere l’immagine iconica della messa in scena.
Attendevo il grande Glauco Mauri alla prova con un testo goldoniano, che viene affrontato con la maestria e la delicatezza che gli sono proprie. Con lui un grande e divertente Roberto Sturno ed una compagnia ottima, tutti da citare: Giulio Pizzicami, Federica Bonani, Daniele Griggio, Leonardo Petrillo, Chiara Andreis, Cristina Arnone, Mino Manni, Nicola Bortolotto, Natale Russo.
Nel programma di sala un’aggiunta: “Nel 1981 fu fondata la nostra Compagnia da due attori Glauco Mauri e Roberto Sturno. Motivi tecnici e professionali ci portarono allora alla decisione di chiamarla “Compagnia Glauco Mauri”. Ora, dopo 24 anni di ininterrotta attività sempre gestita solo da due attori-capocomici, la nostra si chiamerà “Compagnia Glauco Mauri – Roberto Sturno”. Dopo avere insieme dato vita a tnti spettacoli e attività culturali riteniamo questo un atto di doveroso, professionale riconoscimento al nostro comune lavoro”. Glauco Mauri - Roberto Sturno.
FRANCESCO RAPACCIONI
Il Bugiardo, visto a Fabriano, teatro Gentile, il 6 aprile 2005.
Visto il
al
Bellini
di Napoli
(NA)