Prosa
IL BUGIARDO

Lelio: Bugiardo per difesa

Lelio: Bugiardo per difesa

Il Bugiardo di Goldoni è, tra i testi non shakespeariani, quello che negli ultimi lustri può vantare il maggior numero di edizioni sul palcoscenico del Teatro Romano di Verona.
Dopo un bellissimo allestimento degli anni ’90 con Franco Oppini ed Eros Pagni e due riprese in tempi più recenti, con le coppie Mauri-Sturno e Cantarelli-Bartoli, ho ritrovato per la quarta volta questo capolavoro nella nuova edizione firmata da Valerio Binasco con gli attori della Popular Shakespeare Company.
Se gli spettacoli precedenti, ciascuno con le sue peculiarità, erano accomunati da un’impostazione classica, con abiti settecenteschi, nel rispetto di una consolidata tradizione, in questa nuova edizione  si è invece voluta ricercare la contemporaneità del messaggio goldoniano, trasferendo la vicenda ai giorni nostri.
Lelio risulta quindi essere non più il beffardo guascone che mente, spinto da un irrefrenabile impulso, ma un escluso da una società cinica e violenta, costretto ad usare la menzogna per difendersi da essa. Interessante a questo proposito è il rapporto con Pantalone, non più dipinto come un saggio mercante portatore di morale ma come un pragmatico, ed anche un po’ gretto, imprenditore del nord-est, che, dopo aver ignorato il figlio per decenni, vorrebbe farne il suo erede, piegandolo ai propri desideri, senza rendersi conto dell’inadeguatezza di quest’ultimo.
Lelio tenta di sfuggire da queste costrizioni nell’unico modo che conosce, ovvero mentendo, ed innescando così una spirale di ostilità e rabbia da parte del padre, che vedrà il suo culmine in una forse un po’ eccessiva punizione a suon di cinghiate, a seguito della quale giungerà però la catartica riconciliazione tra i due.
IL regista riesce comunque ad alternare a questo cinismo momenti di grande poesia, coadiuvato in questo dalle semplici scenografie di Carlo de Marino, autore anche dei costumi in stile neorealista, dalle suggestive luci di Pasquale Mari e dalle bellissime musiche di Arturo Annechino che contrappuntano il dipanarsi della vicenda.
Il ruolo del titolo è interpretato con convinzione da Maurizio Lastrico che, se riesce a rendere efficacemente le sue insicurezze scaturite dal timore del rapporto con il padre, a volte sembra troppo sicuro e quasi automatico nell’uso della menzogna. Infatti sia nella scena del sonetto che in quella in cui racconta di Cleonice sembra non essere mai sorpreso dalle continue domande dei suoi interlocutori e le risposte arrivano sempre sicure e veloci, senza mai quell’attimo di esitazione di chi, colto in castagna, è costretto ad improvvisare.
Il resto della compagnia è composto dall’incisivo e grintoso Pantalone di Michele Di Mauro, cui fa da contrasto il più mite e quasi senile Balanzone di Fabrizio Contri, che, rispetto agli altri interpreti che giocano molto sul dialetto, rinuncia alla sua proverbiale inflessione bolognese.
La Rosaura di Deniz Özdğan e la Beatrice di Elena Gigliotti vivono in uno stato di continua  e rabbiosa competizione, mediata dall’equilibrio della brava Colombina di Maria Sofia Alleva.
Simpaticamente stralunata la coppia costituita dal Florindo di Roberto Turchetta e dal Brighella di Nicola Pannelli, mentre l’Ottavio di Andrea Di Casa  appare come il più ostile e agguerrito tra gli avversari di Lelio
Sergio Romano, interprete di un Arlecchino che strizza molto l’occhio a Popeye, si conferma ancora una volta come uno dei più versatili attori dell’attuale panorama italiano.
Al termine applausi meritati da parte di un caloroso pubblico che, armato di impermeabili e ombrelli, ha resistito con entusiasmo nonostante le ripetute piogge.

Visto il 24-07-2014
al Romano di Verona (VR)