Lirica
IL CAPPELLO DI PAGLIA DI FIRENZE

Genova, teatro Carlo Felice, …

Genova, teatro Carlo Felice, …
Genova, teatro Carlo Felice, “Il cappello di paglia di Firenze” di Nino Rota DESIDERIO DI ALLEGRIA E LEGGEREZZA Il nome di Nino Rota è legato a colonne sonore, ma va ricordato anche per l'abbondante produzione teatrale, risultato di una straordinaria facilità compositiva, di una inesauribile vena melodica e di una conoscenza profonda dell'orchestrazione e della musica. La sua pagina musicale parte dalle premesse dell'Ottocento, le priva delle componenti problematiche e le rende disponibili a gustosi recuperi della tradizione operistica e strumentale. Ne “Il cappello di paglia di Firenze” (1955) Rota recupera una commedia di Labiche e Michel del 1851 caratterizzata da velocità e da una forsennata sequenza di situazioni, con molta attenzione alle follie mondane, il gusto dell'equivoco e tutto quello che costituisce la quintessenza del teatro leggero. Rota amava l'opera lirica italiana sopra ogni cosa ed inserisce nella partitura un po' di Rossini (lui più di altri, anche nel libretto scritto dallo stesso Rota e da sua mamma Ernestina), di Puccini, dell'ultimo Verdi, nonché echi di Gounod e Strauss. Ma anche il senso della migliore operetta, il gusto per il musical americano, il piacere della commedia italiana. Dunque “Il cappello” come opera ottocentesca ma con rimandi profondamente novecenteschi. Senza mai scadere nel ridicolo, raccontando di quel cappello, mangiato da un cavallo, fonte di gelosie e inseguimenti, di incredibili avventure, finalmente ritrovato. Comicità e sentimento, opportunamente dosati. Ma anche una morale: il cappello è la rispettabilità. Ciò che cancella il “peccato”. Una specie di assoluzione. Il giovane regista Damiano Michieletto sottolinea lo sprint dell'opera con giusta moderazione, rendendola particolarmente esilarante ma mai volgare o banale. Ne risulta un vaudeville raffinato e divertente. Complice anche la bella scena girevole che imprime essa stessa uno sprint alla rappresentazione. Si è sottilmente catturati dalla naturalezza di ciò che accade in scena, non solo dalla bellezza dei suoni. Michieletto ha l'abilità di tirare fuori da quest'opera tutto il materiale contenuto, opportunamente smitizzato, in modo intelligente e godibile. Il regista, è da sottolineare, ha a disposizione un cast particolarmente bravo nell'assumere movenze da avanspettacolo e da commedia musicale. L'impianto scenico del giovane Paolo Fantin, nei colori dominanti di bianco e nero lucidi, è snello ma anche organizzato con precisa attenzione, creando spazi sempre nuovi solo con pareti che si spostano a mano (ogni tanto ci piace il gioco del teatro senza troppa tecnologia) su un impianto fortemente inclinato e girevole. La presenza di un grande orologio sopra il boccascena consente di seguire efficacemente ed immediatamente lo scorrere delle ore di questa “folle giornata”. I costumi di Silvia Aymonino situano l'ambientazione tra gli anni Sessanta e Settanta, mentre le luci di Luciano Novelli sottolineano abilmente i vari ambienti e le diverse situazioni. Il personaggio principale è Fadinand, che Antonino Siragusa rende ricco di presenza di spirito, estroverso, fantasioso, brillante, un personaggio per metà amoroso e per metà comico. La vocalità di Siragusa si adatta in modo ottimale alla tessitura, dal declamato ai cantabili, dalla languidezza dei fraseggi melodici dell'innamorato alla concitazione per l'affannosa ricerca del cappello. Nessun cedimento in una partitura apparentemente scorrevole ma invero piena di insidie. Carlo Lepore è Nonancourt, sofferente per le scarpe troppo strette, caratterizzato dal ricorrente proclama “Tutto a monte”. Pietro Spagnoli è Beaupertuis, tipica figura del marito sospettoso e gabbato, che la gelosia rende irascibile e collerico, ma l'interprete mantiene uno charme da gran signore; Spagnoli personalizza il ruolo, ne fa un adolescente non cresciuto, con quel suo attaccamento alla paperella di gomma nella vasca da bagno, che coccola e accarezza, dispiegando la sua nota capacità attoriale in ogni momento. Ancora irascibile e roboante è Emilio, militare gradasso la cui aggressività via via crescente è sottolineata da frasi musicale che divengono sempre più acute. Ho dovuto controllare due volte il libretto di sala, stentavo a credere che fosse ancora Spagnoli l'interprete di Emilio, reso con tessitura più centrale: Spagnoli riesce a differenziare, attorialmente e vocalmente, i due ruoli in modo eccellente. Ruolo di spicco per Alessandra Marianelli, che disegna una Elena giovanissima, angelicata e romantica, timida, palliduccia ma con voce piena e bella, ben bilanciata nelle tonalità, facile alle note picchettate e ai gorgheggi. Nelle movenze a tratti è “zerlineggiante” in modo piacevole e misurato, con quell'abituccio da sposa corto. Perfetta la baronessa di Champigny dell'esperta Francesca Franci, la cui vocalità è improntata più alla recitazione che al canto spiegato: la sua presenza è solo nel secondo atto ma, parodizzando in modo eccellente la figura dell'aristocratica ricca che si atteggia a intellettuale e a mecenate, non è marginale nell'opera. Meno impegnata Anaide, bene eseguita da Laura Cherici. Con loro Thomas Morris (il sordo zio Vézinet), Stefano Pisani (Felice), Bruno Lazzaretti (Achille di Rosalba), Filippo Balestra (un caporale delle guardie), Cristiano Puccini (il violinista Minardi) ed Eleonora Cilli (la modista). Bruno Bartoletti ha colto e sottolineato nella partitura le citazioni rossiniane, le cadenze ottocentesche, le melodie pucciniane e tutto quello (tanto) che c'è dentro, riconoscendoli non in quanto espressivi in se stessi, bensì proprio per quello che richiamano, per l'essere citazioni, elementi di tipologie riconosciute e citate. L'orchestra però non è esente da sbavature, come anche il poco preciso coro preparato da Ciro Visco. Grande successo di pubblico, divertito e soddisfatto in un teatro gremito. Due ore in leggerezza ed allegria ma con il cervello in funzione. Visto a Genova, teatro Carlo Felice, il 27 novembre 2007 FRANCESCO RAPACCIONI
Visto il
al Carlo Felice di Genova (GE)